Trasformazione di un contratto di lavoro a tempo parziale in uno a tempo pieno senza il consenso del lavoratore
Corte Europea di Giustizia, sentenza C-221/2013.
La legge 183/2010 ha consentito alle Pubbliche Amministrazioni, entro un certo periodo, di sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti di concessione della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
Una lavoratrice ha promosso una controversia contro il Ministero della Giustizia in merito a un provvedimento che ha disposto la trasformazione del suo contratto di lavoro a tempo parziale in uno a tempo pieno in forza della legge 183/2010.
Nell'ambito del procedimento è stata proposta la pregiudiziale di contrasto della normativa italiana con la direttiva europea 97/81. Quest’ultima è intesa ad attuare l’accordo quadro tra le organizzazioni intercategoriali relativo al part-time, per l’eliminazione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e per contribuire allo sviluppo del lavoro a tempo parziale.
L’accordo quadro vincola gli Stati membri per il risultato da raggiungere, ma lascia alle autorità nazionali la scelta della forma e dei mezzi enunciando principi generali e prescrizioni minime.
Fra le prescrizioni minime figura quella secondo cui il rifiuto di un lavoratore di essere trasferito da un lavoro a tempo pieno ad uno a tempo parziale, o viceversa, non dovrebbe, in quanto tale, costituire motivo valido per il licenziamento.
Tale clausola non impone agli Stati membri di adottare una normativa che subordini al consenso del lavoratore la trasformazione del suo contratto di lavoro da contratto a tempo parziale in contratto a tempo pieno. La disposizione è volta solo ad escludere che l’opposizione di un lavoratore a una simile trasformazione del proprio contratto di lavoro possa costituire l’unico motivo del suo licenziamento, in assenza di altre ragioni obiettive.
L’accordo quadro osta a che i lavoratori a tempo parziale siano trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabili per il solo motivo che lavorano a tempo parziale, se il trattamento differente non sia giustificato da ragioni obiettive.
Secondo la Corte di Giustizia Europea, una situazione in cui un contratto di lavoro a tempo parziale è trasformato in un contratto di lavoro a tempo pieno senza l’accordo del lavoratore interessato e una situazione in cui un lavoratore vede il suo contratto di lavoro a tempo pieno trasformato in un contratto di lavoro a tempo parziale contro la sua volontà non possono essere considerate situazioni comparabili, dato che la riduzione del tempo di lavoro non comporta le stesse conseguenze del suo aumento, in particolare a livello di remunerazione del lavoratore, che rappresenta la contropartita della prestazione di lavoro.
Per questi motivi, la Corte Europea di Giustizia ha dichiarato che l’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale non osta a una normativa nazionale in base alla quale il datore di lavoro può disporre la trasformazione di un contratto di lavoro da contratto a tempo parziale in contratto a tempo pieno senza il consenso del lavoratore interessato.