Transazione e consapevolezza del lavoratore.
Corte di Cassazione, sentenza 9006 del 2019.
Un agente generale di una società agiva al fine di ottenere, previa declaratoria di nullità o annullamento del verbale di accordo sindacale transattivo sottoscritto, il pagamento, per l'attività svolta di importi a titolo di spettanze professionali, indennità di scioglimento del contratto, indennità suppletiva di clientela anche aggiuntiva e indennità del preavviso.
Il Tribunale e la Corte di Appello di Palermo respingevano la domanda ritenendo che l'accordo transattivo fosse esente da vizi sia dal punto di vista della rituale partecipazione del rappresentante sindacale sia sul piano della accampata violenza morale asseritamente esercitata dalla società con il minacciato recesso dal contratto di agenzia.
L’interessato proponeva ricorso per cassazione, ma anche la Suprema Corte ha respinto il ricorso.
In materia di atti abdicativi di diritti del lavoratore subordinato, le rinunce e le transazioni aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro previsti da disposizioni inderogabili di legge o di contratti collettivi, contenute in verbali di conciliazione conclusi in sede sindacale, non sono impugnabili, a condizione che l'assistenza prestata dai rappresentanti sindacali sia stata effettiva, così da porre il lavoratore in condizione di sapere a quale diritto rinunci e in quale misura, nonché, nel caso di transazione, a condizione che dall'atto stesso si evincano la questione controversa oggetto della lite e le reciproche concessioni in cui si risolve il contratto transattivo.
Dalla scrittura contenente la transazione devono risultare gli elementi essenziali del negozio, e quindi, la comune volontà delle parti di comporre una controversia in atto o prevista, vale a dire la materia oggetto delle contrastanti pretese giuridiche delle parti, nonché il nuovo regolamento di interessi, che, mediante le reciproche concessioni, viene a sostituirsi a quello precedente cui si riconnetteva la lite o il pericolo di lite.
Il codice civile esclude che la transazione possa essere rescissa per causa di lesione in quanto la considerazione dei reciproci sacrifici e vantaggi derivanti dal contratto ha carattere soggettivo, essendo rimessa all'autonomia negoziale delle parti.
Il giudice, quindi, non è tenuto a valutare la congruità delle determinazioni delle parti rispetto alle reciproche concessioni dovendo solo accettarne la reale volontà negoziale.
La transazione può essere diretta ad una regolamentazione degli interessi anche in relazione ad un pericolo di lite.
Nel caso affrontato, la transazione in questione aveva avuto la finalità di regolare gli effetti risolutivi dell'intercorso rapporto di agenzia, mediante il pagamento da parte della società di un importo determinato.
E’ stata accertata la sussistenza, nella specie, di un accordo transattivo, avendo individuato, sulla base del tenore letterale della convenzione, le reciproche concessioni operate dalle parti (per l’agente la rinuncia a far valere contestazioni in ordine agli effetti risolutivi dell'intercorso rapporto ed a pretendere il pagamento immediato delle somme relative alle provvigioni maturate e per la società egualmente la cessazione di ogni rapporto di dare e avere tra le parti fatta eccezione per il pagamento di quanto ritenuto dovuto), il tutto sul presupposto dell'esistenza di discordanti posizioni circa i rispettivi diritti e obblighi.
In tema di violenza morale, quale vizio invalidante del consenso, i requisiti previsti dall'articolo 1435 del codice civile, possono variamente atteggiarsi, a seconda che la coazione si eserciti in modo esplicito, manifesto e diretto, o, viceversa, mediante un comportamento intimidatorio, oggettivamente ingiusto, ed anche ad opera di un terzo.
Tuttavia, requisito indefettibile rimane quello che la minaccia sia stata specificamente diretta al fine di estorcere la dichiarazione negoziale della quale si deduce l'annullabilità e risulti di tale natura da incidere, con efficacia causale concreta, sulla libertà di autodeterminazione dell'autore di essa.
Nel caso esaminato, il Tribunale e la Corte di Appello hanno valutato la piena legittimità dell'accordo transattivo anche sul piano della libertà del consenso espresso dall'agente, ritenendo non plausibile il teorema dell'indebita compressione della volontà negoziale esercitata con la minaccia da parte della società di recedere, altrimenti, dal rapporto, così da obbligarlo ad avviare una iniziativa di recupero dei crediti provvisionali dall'esito differito ed incerto.
7 maggio 2019