Stress lavoro-correlato dovuto ad un numero elevatissimo di ore di lavoro straordinario: tutela da parte dell'INAIL.
Corte di Cassazione, sentenza 5066 del 2018.
La Corte di Appello di Brescia rigettava il gravame, proposto da un dipendente de Il Sole 24 Ore, contro la sentenza con la quale era stata respinta la sua domanda di condanna dell'INAIL al pagamento della rendita per inabilità permanente in relazione alla malattia professionale contratta a causa dello stress lavorativo dovuto ad un numero elevatissimo di ore di lavoro straordinario e consistente in un grave disturbo dell'adattamento con ansia e depressione.
Il lavoratore proponeva ricorso per cassazione accolto dalla Suprema Corte.
In materia concetto di rischio tutelato di cui all’articolo 1 del D.P.R. 1124/1965, richiamato, ai fini delle malattie professionali, dal successivo articolo 3, rileva non soltanto il rischio specifico proprio della lavorazione, ma anche il rischio specifico improprio; ossia non strettamente insito nell'atto materiale della prestazione ma collegato con la prestazione stessa.
La protezione assicurativa è stata estesa alla malattia riconducibile all'esposizione al fumo passivo di sigaretta subita dal lavoratore nei luoghi di lavoro, situazione ritenuta meritevole di tutela ancorchè, certamente, non in quanto dipendente dalla prestazione pericolosa in sè e per sè considerata (come rischio assicurato), ma soltanto in quanto connessa al fatto oggettivo dell'esecuzione di un lavoro all'interno di un determinato ambiente.
L'evoluzione si riallaccia a quella registrata a livello normativo nell'ambito dell'infortunio in itinere. Il decreto legislativo 38/2000 il quale esclude in realtà qualsiasi rilevanza all'entità professionale del rischio o alla tipologia della specifica attività lavorativa cui l'infortunato sia addetto; apprestando tutela ad un rischio generico (quello della strada) cui soggiace, in realtà, qualsiasi persona che lavori.
Ulteriore estensione dell'ambito della tutela assicurativa è stata realizzata sulla scorta della nozione centrale di rischio ambientale, che vale oggi a delimitare tanto oggettivamente le attività protette dall'assicurazione (lo spazio entro il quale esse si esercitano, a prescindere dalla diretta adibizione ad una macchina); quanto ad individuare i soggetti che sono tutelati nell'ambito dell'attività lavorativa (tutti i soggetti che frequentano lo stesso luogo a prescindere dalla manualità della mansione ed a prescindere dal fatto che siano addetti alla stessa macchina).
La Giurisprudenza costituzionale ha affermato il principio secondo cui a parità di rischio occorre riconoscere parità di tutela. La tutela assicurativa è estesa al lavoro generalmente considerato e non soltanto a quello reso presso le macchine, essendo appunto la pericolosità data dall'ambiente di lavoro.
L'assicurazione contro le malattie professionali è obbligatoria per tutte le malattie anche diverse da quelle comprese nelle tabelle allegate al Testo Unico e da quelle causate da una lavorazione specificata o da un agente patogeno indicato nelle tabelle stesse, purché si tratti di malattie delle quali sia comunque provata la causa di lavoro. Non può essere seguita la tesi secondo cui sarebbe da escludere che l'assicurazione obbligatoria possa coprire patologie che non siano correlate a rischi considerati specificamente nelle apposite tabelle; posto che, al contrario, nel momento in cui il lavoratore è stato ammesso a provare l'origine professionale di qualsiasi malattia, sono necessariamente venuti meno anche i criteri selettivi del rischio professionale, inteso come rischio specificamente identificato in tabelle, norme regolamentari o di legge; non potendosi sostenere che la tabellazione sia venuta meno solo per la malattia e sia invece sopravvissuta ai fini dell'identificazione del rischio tipico. Tale interpretazione è oggi confermata testualmente dalla decreto legislativo 38/2000 da cui risulta che sono considerate malattie professionali anche quelle non comprese nelle tabelle e delle quali il lavoratore dimostri l'origine professionale.
Nell'ambito del sistema del D.P.R. 1124/1965, sono indennizzabili tutte le malattie di natura fisica o psichica la cui origine sia riconducibile al rischio del lavoro, sia che riguardi la lavorazione, sia che riguardi l'organizzazione del lavoro e le modalità della sua esplicazione; dovendosi ritenere incongrua una qualsiasi distinzione in tal senso, posto che il lavoro coinvolge la persona in tutte le sue dimensioni, sottoponendola a rischi rilevanti sia per la sfera fisica che psichica. Ogni forma di tecnopatia che possa ritenersi conseguenza di attività lavorativa risulta assicurata all'INAIL, anche se non è compresa tra le malattie tabellate o tra i rischi tabellati, dovendo in tale caso il lavoratore dimostrare soltanto il nesso di causa tra la lavorazione patogena e la malattia diagnosticata.
8 maggio 2020