Sospensione dal lavoro per rifiuto di sottoposizione a legittimi controlli medici
Corte di Cassazione, sentenza 8300 del 2015.
La Corte di Appello di Roma confermava la decisione del Tribunale di Latina di rigetto della domanda proposta da un lavoratore contro la società datrice di lavoro intesa alla dichiarazione d'illegittimità del provvedimento di sospensione dal servizio.
Il lavoratore era stato assunto attraverso il collocamento obbligatorio, in quanto affetto da minorazione del sessanta per cento per aplasia dell'avambraccio sinistro.
Assegnato ad una mansione compatibile con quest'infermità e lamentando la difficoltà d'esecuzione, egli non aveva risposto all'invito di indicare altre mansioni compatibili; la società lo aveva allora sospeso dal servizio.
Ai successivi e ripetuti inviti a sottoporsi a visite mediche anche presso centri specializzati egli aveva risposto col rifiuto, adducendo il diritto al trattamento riservato dei dati personali.
Era seguito il provvedimento irrogativo di sanzione disciplinare, un nuovo inutile invito a presentarsi ed una conferma della sospensione.
La Corte di Cassazione ha rilevato che l'assegnazione del lavoratore a mansioni che egli afferma incompatibili col suo stato di salute può consentirgli di chiedere al datore di lavoro la riconduzione a mansioni compatibili ma non gli permette di rifiutare di sottoporsi a legittimi controlli medici, così esponendo il datore a pericolo di responsabilità per eventuali danni che dovessero occorrergli per le condizioni di lavoro. Il rifiuto da facoltà al datore di sospendere la prestazione retributiva alla condizione della sottoposizione del lavoratore ad accertamento sanitario, onde evitare il licenziamento. Il lavoratore interessato alla cessazione del periodo di sospensione può soddisfare detta condizione collaborando in buona fede e sottoponendosi agli accertamenti sanitari previsti dalla legge.
Nel caso affrontato, secondo la Corte di Cassazione, la società datrice di lavoro aveva legittimamente esercitato la detta facoltà di sospensione.
La Corte di Cassazione ha rigetto il ricorso del lavoratore condannandolo al pagamento di oltre 4000 euro di spese processuali.
25/05/2015