Rinunzie e transazioni: necessaria la volontà consapevole.
Cassazione, sentenza 18321 del 2016.
Un dipendente di ENEL aveva svolto lavoro straordinario in via continuativa e chiedeva accertarsi il diritto alla inclusione del compenso a tale titolo percepito nel computo del TFR.
La Corte di Appello di Bari rigettava la domanda perché, in occasione della risoluzione del rapporto, l'interessato aveva sottoscritto un atto con cui si affermava che la società corrispondeva a titolo transattivo un somma per integrazione del TFR per evitare controversie.
Il lavoratore promuoveva ricorso per Cassazione.
La quietanza a saldo sottoscritta dal lavoratore ove contenga una dichiarazione di rinuncia riferita, in termini generici, ad una serie di titoli in astratto ipotizzabili in relazione alla prestazione di lavoro e alla conclusione del relativo rapporto, può assumere il valore di rinuncia o di transazione alla condizione che risulti accertato, sulla base dell'interpretazione del documento, che essa sia stata rilasciata con la consapevolezza di diritti determinati od obiettivamente determinabili e con il cosciente intento di abdicarvi o di transigere sui medesimi.
Nell'accordo sottoscritto in occasione della risoluzione anticipata del rapporto di lavoro si affermava solo che la società avrebbe corrisposto a titolo transattivo una somma al solo fine di evitare qualsiasi rischio di eventuali controversie che dovessero coinvolgere il calcolo della indennità di anzianità al e del trattamento di fine rapporto nel suo complesso.
Tale motivazione non è apparsa adeguata. L'atto non conteneva alcun riferimento al computo del compenso per lavoro straordinario ai fini dell'indennità di anzianità dovuta al lavoratore ma recava solo un generico riferimento all'indennità di anzianità maturata, del tutto inidoneo a radicare nel lavoratore la consapevolezza di dismettere la pretesa in termini specifici.
La consapevolezza del diritto non poteva dirsi esistente a fronte della generica rinunzia a tutte le questioni relative al ricalcolo della indennità di anzianità né derivare dal pagamento di un corrispettivo. Non emergeva, dunque, la esplicita volontà di disporre del diritto in contestazione.
La Cassazione ha, dunque, accolto il ricorso del lavoratore.
9 febbraio 2017