Articolo

Riconoscimento del danno biologico a seguito di demansionamento. Vittoria in Corte di Appello per lo Studio Legale Carozza.

Corte di Appello di Napoli, sentenza 3495 del 2018.

Un lavoratore, assistito dall’avvocato Domenico Carozza, con ricorso presso il Tribunale di Napoli, chiedeva l’accertamento della violazione dell’articolo 2103 del codice civile inerente la disciplina delle mansioni e la condanna del datore di lavoro Trenitalia alla reintegra nelle mansioni precedentemente svolte. Il lavoratore rivendicava anche il risarcimento del danno patrimoniale e non, comprensivo del danno morale subito a causa della lesione della sua integrità psico fisica e alla vita di relazione.
Il lavoratore a sostegno della propria pretesa deduceva di essere dipendente della società Trenitalia dal 1986, assunto quale invalido civile, inquadrato quale operatore d’ufficio dell’area 2 della declaratoria professionale del ccnl, e di essere affetto da una grave forma di depressione del tono dell’umore. Premesso di esser stato assegnato dal 1999 a servizi di stazione implicanti lo svolgimento di attività di segreteria d’ordine, rilevava che dal giugno 1999 era stato addetto al presidio della sala di attesa della stazione centrale di Napoli con il compito di vigilare in ordine al rispetto dei divieti ivi esistenti e di allontanare le persone senza titolo di viaggio e vagabondi.
Il lavoratore lamentava che tale mansione aveva determinato un aggravamento del proprio stato di salute dovendo anche osservare un orario di lavoro spesso prolungato oltre quello normale.
Trenitalia si costitutiva in giudizio e contestava le richieste del dipendente.
Il Giudice, all’esito delle prove orali e disposta una consulenza medico legale, accoglieva parzialmente le domande, condannando Trenitalia ad adibire il lavoratore a mansioni riconducibili alla area 2 di cui al ccnl nonché a risarcire il danno biologico nella misura del 6%.
Il lavoratore ha promosso, allora, appello censurando la decisione del Tribunale che ha omesso di deliberare in ordine alla quantificazione del danno non patrimoniale derivante dalla lesione alla sfera morale e alla integrità psico–fisica nella misura accertata.
La Corte di Appello, approvando le tesi della difesa del dipendente, ha verificato che l’interessato aveva, in effetti, richiesto la quantificazione del risarcimento del danno al fine di ottenere la relativa condanna della società.
La sentenza di primo grado, invece, pur riconoscendo la lesione della sfera psico - fisica in rapporto causale con i comportamenti, ha omesso di liquidare i danni rivendicati dal lavoratore.
La Corte di Appello ha ricordato che il danno alla sfera biologica discende come conseguenza della violazione del bene salute, costituzionalmente protetto. Una volta accertata la misura della lesione, quindi, l’incidenza del pregiudizio al bene salute deve essere liquidato facendo ricorso in via equitativa alle tabelle del Tribunale di Milano alle quali anche di recente la Suprema Corte ha ritenuto potersi fare ricorso in via generale.
Secondo l’orientamento della Corte di Cassazione, nella liquidazione del danno non patrimoniale derivante da una lesione della salute, il principio di equità, di cui all’articolo 1226 del codice civile, è garantito preferibilmente dall'adozione dei criteri uniformi (c.d. Tabelle) predisposti e diffusi dal Tribunale di Milano.
In considerazione dell’età del lavoratore, della portata della lesione subita e della incidenza del danno morale, da riconoscersi ai sensi dell’articolo 2059 del codice civile, la Corte di Appello ha ritenuto spettante una somma di euro 9.510,20. Tale voce è composta da un danno biologico pari ad € 8.710,20 e da un’ulteriore somma pari ad € 800,00.
In accoglimento del ricorso, dunque, la Corte di Appello ha condannato  Trenitalia al pagamento in favore del lavoratore di euro 9.510,20 oltre interessi sulla somma mensilmente rivalutata.

9 novembre 2018

Condividi questo articolo: