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Requisiti dell’assegno ordinario di invalidità.

Corte di Cassazione, sentenza 11709 del 2019.

La Corte di Appello di Bari riconosceva il diritto di un lavoratore all'assegno ordinario di invalidità.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso l'INPS.

L’INPS lamentava che la Corte di Appello, in adesione alla consulenza tecnica d'ufficio, avesse ritenuto sussistenti le condizioni invalidanti con un giudizio avulso dall'accertamento della riduzione della capacità lavorativa dell'assicurato in occupazioni confacenti alle attitudini, svolto esclusivamente in riferimento all'attività di operaio tessile espletata, senza alcun riferimento alla possibilità di svolgere altre attività lavorative proficue.

La Suprema Corte ha accolto le doglianze dell’INPS.

Ai fini del riconoscimento dell'assegno ordinario di invalidità, la sussistenza del requisito posto dalla legge 222/1984, concernente la riduzione a meno di un terzo della capacità di lavoro dell'assicurato in occupazioni confacenti alle sue attitudini, deve essere verificata in riferimento non solo alle attività lavorative sostanzialmente identiche a quelle precedentemente svolte dall'assicurato (e nel corso delle quali si è manifestato il quadro patologico invalidante), ma anche a tutte quelle occupazioni che, pur diverse, non presentano una rilevante divaricazione rispetto al lavoro precedente, in quanto costituiscono una naturale estrinsecazione delle attitudini dell'assicurato medesimo, tenuto conto di età, sesso, formazione professionale e di ogni altra circostanza emergente nella concreta fattispecie, che faccia ragionevolmente presumere l'adattabilità professionale al nuovo lavoro, senza esporre l'assicurato ad ulteriore danno per la salute.

Pur essendo l'invalidità ancorata non più alla capacità di guadagno ma a quella di lavoro, il riferimento alla capacità attitudinale comporta una valutazione di qualità e condizioni personali e soggettive dell'assicurato.

La nuova nozione di invalidità pensionabile è ancorata non alla generica riduzione della pura e semplice capacità di lavoro quale dato meramente biologico, ma alla riduzione di tale specifica capacità in occupazioni confacenti alle attitudini dell'assicurato, sempre che non si tratti di lavori usuranti che affrettino ed accentuino il logoramento dell'organismo per essere sproporzionati alla residua efficienza psicofisica.

Nel caso in esame, la valutazione dell'invalidità pensionabile operata dalla Corte di Appello ha trascurato del tutto la necessaria parametrazione delle patologie alla capacità lavorativa specifica dell'assicurata ed ha omesso di precisare le ragioni per le quali il complesso morboso limitasse nelle percentuali previste dalla legge, non solo l'attività svolta di operaio tessile ma anche altre occupazioni che l'assistito, per condizioni fisiche, preparazione culturale ed esperienze professionali, sarebbe stato in grado di svolgere in alternativa al lavoro rispetto al quale era risultato inidoneo.

11 luglio 2019

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