Reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Corte di Cassazione, sentenza 6905 del 2021.
La Cassazione ha rigettato il ricorso avverso il provvedimento del Tribunale di Catanzaro, con cui è stato previsto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per una volta al giorno e per tutti i giorni della settimana, del condannato per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, accusato di aver impiegato manodopera sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento, attesa la reiterata retribuzione in modo difforme dai contratti collettivi e sproporzionata rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato.
L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo l’insussistenza di gravità indiziaria circa la condotta di sfruttamento dei lavoratori ed evidenziando che il provvedimento non ha menzionato, in contrasto con l’articolo 603 bis del Codice penale, alcun elemento relativo alle effettive condizioni di lavoro, ai metodi di sorveglianza o alle situazioni alloggiative degradanti dei lavoratori e non si è affatto soffermato sul dato temporale della ripetizione dell'unica condotta contestata (retribuzione in misura difforme ed inferiore ai contratti collettivi).
L’articolo 603 bis del Codice penale definisce il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque:
1) recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;
2) utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l'attività di intermediazione, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.
Costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni:
1) la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
2) la reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie;
3) la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;
4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.
La Cassazione ha ritenuto irrilevante la carente valutazione della gravità indiziaria in ordine agli altri indici rivelatori dello sfruttamento dei lavoratori, essendo sufficiente, ai fini dell’integrazione del reato contestato, la sussistenza di uno soltanto degli indici contemplati dall’articolo 603 bis del Codice penale e previsti dalla norma come alternativi, nel caso di specie la reiterata retribuzione in modo difforme dai contratti collettivi.
8 aprile 2021