Pubblico impiego: permessi per assistenza al congiunto disabile e spettanze dei compensi incentivanti.
Corte di Cassazione, sentenza 20684 del 2016.
Con ricorso al Tribunale di Genova, un lavoratore, esponendo di essere dipendente dell'INPS e di fruire dei permessi per assistenza a persone con handicap ex articolo 33 comma 3 della legge 104/1992, deduceva di non aver percepito, per tali giornate di permesso, alcuni compensi incentivanti.
Il Tribunale e la Corte di Appello accoglievano la domanda.
Per la cassazione proponeva ricorso l'INPS.
La Suprema Corte ha ritenuto di dare continuità all'orientamento secondo cui, attesa l'evidente portata lessicale della norma di interpretazione autentica del D.L. 324/1993, secondo cui è dovuta la corresponsione della retribuzione comprensiva dei compensi incentivanti per i giorni di permesso per l'assistenza ai disabili.
L'articolo 33 comma 3 della legge 104/1992 prevede che a condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa.
Il D.L. 324/1993 stabilisce che al comma 3 dell'articolo 33 della legge 104/1991, le parole hanno diritto a tre giorni di permesso mensile devono interpretarsi nel senso che il permesso mensile deve essere comunque retribuito. Con tale norma di interpretazione autentica si è voluto chiarire che anche nel settore pubblico i permessi de quibus dovevano intendersi retribuiti; l'inequivoca previsione dell'obbligo di retribuzione dei permessi anche per il settore pubblico esclude, per evidente contrasto con la suddetta portata della norma di interpretazione autentica, l'interpretazione secondo cui, proprio nel settore pubblico, dovrebbe essere esclusa la corresponsione della retribuzione comprensiva dei compensi incentivanti a causa delle evidenziate differenze rispetto al settore privato.
Prevedendo, prprio nel caso specifico, la normativa legale il pagamento dei compensi incentivanti reclamati unicamente previa valutazione e verifica dei risultati conseguiti, non vi è ragione per ritenere che tali compensi non dovrebbero essere corrisposti nei giorni di permesso retribuito ex articolo 33 comma 3 della legge 104/1992.
A fronte di un quadro normativo che legislativamente conduce alla ricomprensione anche dei compensi incentivanti richiesti nella retribuzione relativa al giorni di fruizione dei permessi, il silenzio al riguardo del CCNL non può valere ad escludere dalla retribuzione (e, quindi, dal pagamento) tali compensi.
La Suprema Corte ha, quindi, rigettato il ricorso dell'INPS.
4 maggio 2017