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Pubblico impiego: l'ufficio procedimenti disciplinari deve decidere con tutti i componenti nelle fasi inerenti le valutazioni tecnico-discrezionali o nell’esercizio delle prerogative decisorie.

Corte di Cassazione, sentenza 17357 del 2019.

Un dipendente del Comune di Foggia impugnava il licenziamento comminatogli per fraudolente attestazioni delle presenze in ufficio.

Il Tribunale respingeva la domanda anche in sede di opposizione.

Il reclamo proposto era respinto dalla Corte d'appello di Bari.

Riteneva preliminarmente la Corte di Appello che il decreto legislativo 165/2001, regolante le forme ed i termini del procedimento disciplinare, nulla prevedesse circa la composizione collegiale dell'UPD limitandosi a prescrivere alla Pubblica Amministrazione la mera individuazione dell'ufficio competente per tali procedimenti.

Escludeva che fossero state violate le regole sulla competenza per i procedimenti disciplinari atteso che il procedimento era stato instaurato e concluso dall'Ufficio che, secondo la normativa regolamentare interna dell'Ente, era proprio l'ufficio competente.

Tale ufficio, inoltre, era risultato essere regolarmente costituito da soggetti rivestenti la qualifica dirigenziale nonché privi di qualsivoglia tipo di incompatibilità e/o conflitto di interesse con la posizione del lavoratore.

La Corte di Appello considerava, comunque, irrilevante che la composizione collegiale, al momento della deliberazione del provvedimento disciplinare, fosse diversa da quella inizialmente prevista dalla delibera.

Per la cassazione il lavoratore proponeva ricorso. L’interessato lamentava che il procedimento disciplinare non fosse stato condotto in tutte le sue fasi dall'ufficio competente come individuato dal Comune nel Regolamento. In particolare, sottolineava che l'Ufficio Provvedimenti Disciplinari che aveva proceduto, fosse risultato difforme da quello individuato dal Regolamento.

Il lavoratore lamentava anche che l'UPD non avesse agito nella forma collegiale prevista per tutte le fasi del procedimento disciplinare posto che la contestazione dell'addebito era avvenuta da parte del solo Presidente, unico ad aver sottoscritto il relativo atto. Sosteneva che Regolamento del Comune avrebbe dovuto indurre a considerare perfetto il collegio disciplinare e che avesse ben specificato i componenti dell'UPD.

La Suprema Corte ha respinto il ricorso.

In relazione all'attività degli organi collegiali, la formazione della volontà resta distinta dalla manifestazione, sicché mentre la prima si deve formare all'interno dell'organo collegiale secondo le regole che ne presiedono il funzionamento, all'esterno l'organo agisce in persona del soggetto che lo rappresenta, sicché gli atti ben possono essere sottoscritti solo da quest'ultimo.

Non ha giuridico fondamento la tesi secondo cui dalla natura perfetta del collegio deriverebbe la necessità che tutte le persone fisiche che lo compongono assumano anche all'esterno la paternità dell'atto, sottoscrivendolo.

Il collegio perfetto è caratterizzato dalla circostanza che lo stesso deve operare con il plenum dei suoi componenti nelle fasi in cui l'organo è chiamato a compiere valutazioni tecnico-discrezionali o ad esercitare prerogative decisorie, rispetto alle quali si configura l'esigenza che tutti i suoi componenti offrano il loro contributo ai fini di una corretta formazione della volontà collegiale, esigenza che, invece, non ricorre rispetto agli atti istruttori.

In relazione all'attività dell'UPD, se a composizione collegiale, devono essere collegialmente compiute solo le attività valutative e deliberative vere e proprie (rispetto alle quali sussiste l'esigenza che tutti i suoi componenti offrano il proprio contributo ai fini di una corretta formazione della volontà collegiale) e non anche quelle preparatorie, istruttorie o strumentali, verificabili a posteriori dall'intero consesso.

La contestazione, con la quale si dà avvio al procedimento disciplinare, non ha natura decisoria né è espressione di un potere discrezionale, in quanto nell'ambito dell'impiego pubblico, a differenza dell'impiego privato, l'iniziativa disciplinare è doverosa, tanto che la sua omissione è fonte di responsabilità.

Occorre distinguere le regole legali sulla competenza da quelle regolamentari che disciplinano la costituzione e il funzionamento dell'organo collegiale secondo l'ordinamento interno di ciascuna Pubblica Amministrazione, perché il decreto legislativo 165/2001 non attribuisce natura imperativa riflessa al complesso delle regole procedimentali interne che regolano la costituzione e il funzionamento dell'UPD. L'interpretazione dell'articolo 55-bis non può essere ispirata ad un eccessivo formalismo.

Ai fini della legittimità della sanzione rileva che sia stato garantito il principio di terzietà, sul quale riposa la necessaria previa individuazione dell'ufficio dei procedimenti, il che postula solo la distinzione sul piano organizzativo fra detto ufficio e la struttura nella quale opera il dipendente. Quello che rileva, ai fini del diritto di difesa del dipendente, è che sia stata garantita la terzietà.

12 marzo 2020

 

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