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Pubblico Impiego: eccedenze di personale e mobilità collettiva.

Corte di Cassazione, sentenza 18813 del 2019.

La Corte di Appello di Firenze respingeva il ricorso avverso la sentenza del Tribunale con la quale era stata disattesa la domanda di riammissione in servizio ed al risarcimento dei danni proposta da un dirigente del Comune di Marciana, collocato in disponibilità ai sensi dell’articolo 33 del D.Lgs. 165/2001.

Il Comune di Marciana, dopo avere conferito all’interessato la dirigenza dell'Ufficio tecnico, con plurime attribuzioni di incarichi e di attività, poneva in atto una riforma organizzativa in esito alla quale era stato eliminato il posto dirigenziale e le medesime funzioni erano state attribuite ad un funzionario di livello D e ciò in considerazione del modesto numero di abitanti, di alcune criticità nella gestione dei territori, della possibilità di associare i servizi con altri Comuni e del risparmio di spesa che ne sarebbe derivato.

La Corte di Appello escludeva che il dirigente fosse tenuto ad impugnare davanti al giudice amministrativo gli atti riorganizzativi da cui era derivato poi il suo collocamento in disponibilità. Tale atto, avendo natura di mera gestione del rapporto, poteva essere sindacato in sede di giurisdizione ordinaria.

La Corte di Appello valutava la repentina inversione di politica organizzativa operata dal Comune, che, nonostante fossero emersi elementi di incongruità, riteneva non essere censurabile, dovendosi considerare legittima la scelta di sopprimere una posizione dirigenziale al fine di realizzare un seppur modesto risparmio di spesa, tenendo anche conto che in sede giudiziale non era sindacabile l'an della scelta riorganizzativa, quanto la plausibilità della sua motivazione e la coerenza tra tale scelta e le conseguenza della stessa.

Il dirigente ha promosso ricorso per cassazione che è stato respinto dalla Suprema Corte.

L’articolo 33 del D.Lgs. 165/2001 delinea la disciplina delle eccedenze di personale presso la Pubblica Amministrazione. Tale norma è il fondamento, qualora le ipotesi di ricollocazione parimenti previste non abbiano esito, della cessazione dei rapporti di lavoro per ragioni oggettive, cui è destinata una regolamentazione unitaria in quanto in via generale non caratterizzata, a differenza di quanto accade nel settore privato, da distinzioni a seconda del numero delle eccedenze stesse e delle dimensioni della struttura ad esse interessata.

Poiché il datore di lavoro pubblico, a differenza di quello privato, nell'adozione di atti di autorganizzazione è vincolato al rispetto di una precisa disciplina, il provvedimento amministrativo di definizione della dotazione organica, che costituisce il necessario presupposto della misura di collocamento in disponibilità, non può essere ritenuto assolutamente insindacabile da parte del giudice ordinario, perché l'insindacabilità resta limitata alle scelte discrezionali e non si estende alla verifica della conformità alla legge dell'atto presupposto che può essere disapplicato, nei casi in cui ne emerga l'illegittimità, per violazione di legge o per eccesso di potere, ovverosia, secondo la dinamica propria della disapplicazione dei provvedimenti amministrativi (qui: atto organizzativo), al fine di valutare l'idoneità di essi ad incidere validamente sulle situazioni di diritto soggettivo (qui: rapporto di lavoro) che agli stessi risultano riconnessi.

Poiché l'atto di gestione del rapporto è meramente consequenziale a quello presupposto, ove il primo si riveli contrario alle regole formali e sostanziali che disciplinano l'esercizio del potere, la disapplicazione conduce necessariamente a negare ogni effetto tra le parti all'atto generale di organizzazione, privando così di fondamento l'atto di gestione consequenziale il che induce, quale effetto, il pieno ripristino della situazione precedente.

Ove il potere di organizzazione risulti non correttamente esercitato, il vizio si riflette sull'atto di gestione del rapporto e ne determina l'illegittimità.

Il Giudice non può indagare il merito, ovverosia l'an della scelta amministrativa, ma soltanto la legittimità dell'atto riorganizzativo destinato ad incidere sul riconnesso rapporto di lavoro. Nel valutare tale legittimità la Corte di Appello, in assenza di più specifiche violazioni di legge, ha quindi apprezzato l'idoneità logica della motivazione, ritenendone la plausibilità, nonché la coerenza tra la scelta amministrativa e le conseguenze di essa. La Corte di Appello ha verificato la sussistenza della motivazione e l'assenza di elementi che potessero manifestarsi quali sintomi di eccesso di potere.

Può essere dichiarata eccedentaria una risorsa solo perché l'amministrazione voglia modificare in diminuzione la relativa dotazione organica, pur avendo ancora necessità di un addetto che svolga il corrispondente servizio e pur non essendovi nell'organigramma alcun lavoratore di adeguata qualifica, al punto da attribuire lo svolgimento di mansioni superiori ad una dipendente di livello inferiore.

L'operare della Pubblica Amministrazione mediante prestabilite dotazioni organiche, attraverso cui si manifesta il potere (macro) organizzativo di stampo pubblicistico, comporta che, ove non sussistano specifici vincoli espressi di legge, l'impostazione delle esigenze di personale e delle corrispondenti qualifiche necessarie a soddisfarle sia scelta di natura discrezionale.

Una volta deciso, per ragioni di merito attinenti al risparmio di spesa, di svolgere un certo servizio con personale di un certo livello, non ha rilievo, rispetto al collocamento in disponibilità del dirigente precedentemente preposto a quel servizio, il fatto che presso la medesima Amministrazione ancora non vi sia un funzionario di livello idoneo a sostituire stabilmente il medesimo.

Rientra nella piena discrezionalità della Pubblica Amministrazione il dare corso immediato alla stabilita modifica organizzativa, con l'effetto di rendere di per sé eccedentaria fin da subito la risorsa dirigenziale, non potendosi imporre il mantenimento di una spesa, per quel servizio, superiore a quella che consegue alla modifica organizzativa adottata.

E’ irrilevante che, in esito al collocamento in disponibilità del dirigente eccedentario, il Comune, pur dopo avere deliberato un futuro bando, abbia sopperito alla predetta carenza di un funzionario attraverso l'attribuzione di mansioni superiori ad un addetto di livello inferiore.

Rientra nel merito insindacabile della scelta amministrativa la decisione di affrontare eventuali difficoltà nella copertura del posto meno dispendioso, a fronte dell'immediato conseguimento del risparmio di spesa perseguito.

27 novembre 2019

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