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Pubblico impiego e totale svuotamento di mansioni.

Corte di Cassazione, sentenza 11499 del 2022.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della Regione Emilia Romagna avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna che, avendo accertato il sostanziale svuotamento delle mansioni operato in danno di un lavoratore dell’amministrazione regionale, aveva condannato la parte datoriale al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali.

La Corte di Appello aveva ritenuto corretta la valutazione delle risultanze istruttorie operata dal primo giudice, di modo che, accertato lo svuotamento delle mansioni, aveva confermato la condanna al risarcimento del danno.

Avverso la sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per cassazione la Regione Emilia Romagna, lamentando la violazione delle norme sulle mansioni nel pubblico impiego in ordine all’omessa valutazione delle prove riferite all’equivalenza delle mansioni.

Per la Suprema Corte, la questione relativa alle norme sull’equivalenza delle mansioni nel pubblico impiego è da ritenersi infondata dal momento che la Corte di Appello ha ravvisato non un demansionamento, rispetto al quale si sarebbe dovuta operare la verifica di equivalenza formale delle mansioni, ma la diversa e più grave figura del loro totale svuotamento. Quando la vicenda si concretizza in uno svuotamento dell’attività lavorativa, si esula dal concetto di equivalenza delle mansioni, configurandosi la diversa ipotesi di sottrazione integrale delle funzioni da svolgere, vietata anche nel pubblico impiego.

In materia di pubblico impiego privatizzato, l'articolo 52 del decreto legislativo 165/2001, che sancisce il diritto alla adibizione alle mansioni per le quali il dipendente è stato assunto o ad altre equivalenti, ha recepito, attese le perduranti peculiarità relative alla natura pubblica del datore di lavoro, tuttora condizionato, nell'organizzazione del lavoro, da vincoli strutturali di conformazione al pubblico interesse e di compatibilità finanziaria delle risorse, un concetto di equivalenza formale, ancorato alle previsioni della contrattazione collettiva (indipendentemente dalla professionalità acquisita) e non sindacabile dal giudice. Ove, tuttavia, vi sia stato, con la destinazione ad altre mansioni, il sostanziale svuotamento dell'attività lavorativa, la vicenda devia dall'ambito delle problematiche sull'equivalenza delle mansioni, configurandosi la diversa ipotesi della sottrazione pressoché integrale delle funzioni da svolgere, vietata anche nell'ambito del pubblico impiego.

8 giugno 2022

 

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