Pubblico impiego: è dovuto il compenso per lavoro straordinario anche se autorizzato illegittimamente.
Corte di Cassazione, sentenza 18063 del 2023.
Un infermiere agiva nei confronti dell’Azienda Sanitaria Provinciale, chiedendo il pagamento delle prestazioni aggiuntive rese nel servizio dialisi estiva, destinato a persone in ferie nella regione.
La Corte d’Appello disattendeva la domanda, ritenendo che la vicenda fosse regolata dal Decreto legge 402/2001, poi recepito dal CCNL 2008/2009, norme che prevedono la necessità di autorizzazione regionale, certe condizioni soggettive e la contrattazione della tariffa, tutte circostanze la cui ricorrenza non era stata allegata.
L’interessato ha promosso ricorso per cassazione.
La domanda ha riguardato, in realtà, la remunerazione di attività svolta dal lavoratore oltre il debito orario per l’assicurazione di prestazioni di dialisi estiva in favore di pazienti di altre regioni soggiornanti in Calabria.
La Corte d’Appello ha riportato, invece, la pretesa a quella delle prestazioni aggiuntive, quali regolate Decreto legge 402/2021, e poi dall’articolo 13 del CCNL 10 aprile 2008 e dall’articolo 12 CCNL 31 luglio 2009. La Corte di Appello ha ritenuto che, essendo mancata allegazione e prova dei fatti costitutivi, tra cui l’autorizzazione regionale e le condizioni soggettive dei lavoratori (prestazione servizio a tempo pieno da almeno sei mesi; assenza di esenzioni da mansioni; etc.) e mancando una disciplina contrattuale definitoria dei compensi, la fattispecie non risultasse integrata e la domanda andasse quindi disattesa.
L’ipotesi delle prestazioni aggiuntive è in effetti speciale, in quanto caratterizzata da elementi di fattispecie che vanno al di là della mera prestazione del lavoro su incarico datoriale, essendo necessario un previo controllo sulle risorse e di coerenza rispetto agli obiettivi sanitari, cui si riferisce evidentemente la previa autorizzazione regionale, esterna al datore di lavoro, richiesta dalla normativa.
Nel caso affrontato, tuttavia, l’Azienda Sanitaria richiese e recepì dal lavoratore le prestazioni svolte oltre il debito orario, da cui derivò anche per l’ente la percezione di ricavi.
Lo svolgimento di lavoro oltre il debito orario non intercetta, sotto il profilo della remunerazione, soltanto quella fattispecie delle prestazioni aggiuntive, ma anche quella del lavoro straordinario.
L' autorizzazione che viene in evidenza non è un atto esterno alla sfera datoriale, come nel caso delle prestazioni aggiuntive. Per autorizzazione, in questo diverso ambito, si intende piuttosto il fatto che le prestazioni non siano svolte contro la volontà del datore di lavoro, ma con il consenso del medesimo; consenso alle prestazioni che può anche essere implicito e che, una volta esistente, integra gli estremi per il necessario pagamento del lavoro straordinario.
L’autorizzazione esprime il concetto che non è remunerabile il prolungamento della prestazione di lavoro frutto di libera determinazione del singolo dipendente e non strettamente collegato a esigenze di servizio preventivamente vagliate, sul piano della necessità ed utilità per la Pubblica Amministrazione, dal dirigente responsabile.
In tema di pubblico impiego contrattualizzato, il diritto al compenso per il lavoro straordinario svolto, che presuppone la previa autorizzazione dell’amministrazione, spetta al lavoratore anche laddove la richiesta autorizzazione risulti illegittima o contraria a disposizioni del contratto collettivo, atteso che l’articolo 2108 del Codice civile, applicabile anche al pubblico impiego contrattualizzato, prevede il diritto al compenso per lavoro straordinario se debitamente autorizzato. La presenza dell’autorizzazione è il solo elemento che condiziona l’applicabilità dell’articolo 2126 del Codice civile.
Il sistema costituzionale impedisce di ravvisare ostacoli rispetto al pagamento di prestazioni comunque rese con il consenso del datore di lavoro, anche pubblico, seppur poi si evidenzino contrasti con previsioni della contrattazione collettiva, delle regole autorizzatorie per esso previste o con vincoli di spesa. Questi ultimi non possono essere valorizzati nel senso di escludere ogni pagamento per una prestazione che sia stata resa, con il consenso di chi gerarchicamente la poteva richiedere o accettare.
Il riconoscimento del diritto a prestazioni aggiuntive ai sensi Decreto legge 402/2001 è subordinato al ricorrere dei presupposti tipici di esse e dunque all’autorizzazione regionale, anche a fini organizzativi e di spesa, alla presenza in capo ai lavoratori così impiegati di requisiti soggettivi e ad un’apposita determinazione tariffaria. Tuttavia, lo svolgimento oltre il debito orario di tali prestazioni di lavoro, pur in mancanza dei menzionati presupposti, comporta il diritto al riconoscimento del compenso corrispondente alla misura propria del lavoro straordinario secondo la contrattazione collettiva, in quanto la presenza del consenso datoriale, comunque espresso, è il solo elemento che condiziona l’applicabilità dell’articolo 2126 del Codice civile.
2 agosto 2023