Pubblico impiego: demansionamento per sottrazione di responsabilità e risarcimento del danno.
Corte di Cassazione, sentenza 10138 del 2018.
La Corte di Appello di Venezia confermava la pronuncia del Tribunale di Treviso con cui era stato riconosciuto che l'INPDAP aveva demansionato un dipendente, con condanna dell'ente al risarcimento del danno biologico cagionato al medesimo in misura di Euro 13.560,90.
Avverso la sentenza l'INPS ente in cui è confluito l'INPDAP, proponeva ricorso per cassazione.
L’INPS rilevava che l'attribuzione dell'incarico di posizione organizzativa, già conferito al dipendente, non incide sul livello di inquadramento del dipendente, il quale durante e dopo lo stesso mantiene il livello posseduto precedentemente.
L’Istituto sosteneva che le attività cui il lavoratore era stato adibito dopo la cessazione dell'incarico di posizione organizzativa non determinavano la violazione della normativa collettiva di definizione dell'area C e della posizione C4 di appartenenza, anche sulla base delle risultanze dell'istruttoria svolta.
La Suprema Corte, però, non ha accolto il ricorso dell’INPS.
L'oggetto del contendere non riguarda la legittimità della revoca della posizione organizzativa in sè considerata, quanto il comportamento datoriale tenuto dopo tale revoca, in quanto tale da avere comportato una variazione peggiorativa delle attività fatte svolgere al lavoratore rispetto al profilo (C4 del ccnl enti pubblici economici 1998-2001) di inquadramento.
La Corte di Appello di Venezia, nel ricostruire gli esiti istruttori, ha ritenuto che le mansioni successivamente assegnate al lavoratore fossero nettamente inferiori a quelle di inquadramento, sottolineando come esse avessero carattere meramente impiegatizio, da svolgersi alle dipendenze di un responsabile di area di livello inferiore e fossero prive di qualsiasi profilo di responsabilità e quindi in contrasto con la declaratoria contrattuale propria del profilo C4 di appartenenza.
La circostanza infatti che i diversi impiegati inquadrati in Area C, come il dipendente che ha agito in giudizio, svolgessero, nell'occuparsi di una pratica, un poco di tutte le mansioni rientranti nell'ambito di tale Area, se può giustificare che anche il l’interessato all'occorrenza dovesse fare altrettanto, non significa che egli potesse essere privato di qualsiasi profilo di responsabilità.
La posizione C4 in cui il lavoratore pacificamente è ed ha diritto ad essere inquadrato, prevede invece la responsabilità come tratto caratterizzante, sia dal punto di vista formale (il ccnl richiama l’assunzione di responsabilità formale) sia dal punto vista sostanziale (richiedendo ad esempio la capacità di assumere decisioni anche in situazioni di criticità).
La Corte di Cassazione ha disatteso anche il rilievo dell'INPS secondo cui vi sarebbe stata una violazione della regola sull'equivalenza delle concause. Sul presupposto che il lavoratore avesse, come accertato dal CTU., una naturale predisposizione alla malattia psichica poi sviluppatasi, l’Istituto eccepiva che la medesima condizione andasse intanto considerata anch'essa come causa del danno ed inoltre, mancando prova del nesso di causalità tra i comportamenti datoriali ed il danno patito dal lavoratore, essa dovesse essere intesa quale unica determinante dell'evento.
Secondo la Suprema Corte non è corretto l'assunto secondo cui la predisposizione personale sarebbe da intendere quale concausa del manifestarsi del danno, in quanto nulla autorizza ad affermare che la situazione di latenza della patologia accertata dal CTU si sarebbe conclamata in danno, senza il ricorrente dei fattori scatenanti afferenti alla vicenda penalistica e lavorativa.
Il CTU aveva, inoltre, espressamente affermato che il danno manifestatosi era da riportare non solo alla vicenda penalistica, ma anche al vissuto persecutorio in sede di lavoro. Vissuto che il CTU ha riconosciuto in nesso causale con il pregiudizio alla salute.
L’accertamento del nesso causale tra il comportamento dequalificante, le vicende penalistiche e professionali e la manifestazione del danno, ha consentito di concludere per la piena responsabilità datoriale verso il dipendente secondo il principio di equivalenza delle concause.
8 maggio 2019