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Processo previdenziale: la dichiarazione sostitutiva di notorietà non ha valenza probatoria.

Corte di Cassazione, sentenza 5708 del 2018.

La Corte d'appello di Bologna confermava la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda di un cittadino di assegno mensile di assistenza.

Della vicenda veniva investita la Corte di Cassazione.

L’INPS lamentava che la Corte di Appello avesse dato ingresso alla produzione documentale concernente il possesso del requisito reddituale nonostante che nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado nulla si fosse allegato circa il possesso dei requisiti socioeconomici, essendosi la parte ricorrente limitata a produrre documentazione attestante il possesso dei medesimi.

Tra le vari questioni, nel processo si poneva ancora quella inerente la valenza della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà.

La Suprema Corte ha sempre ritenuto che tale dichiarazione, sebbene idonea a comprovare, fino a contraria risultanza, detta situazione nei rapporti con la pubblica amministrazione e nei procedimenti con la predetta instaurati, non ha nessun valore probatorio, neanche indiziario, nel giudizio civile caratterizzato dall’onere della prova, atteso che la parte non può derivare elementi di prova a proprio favore, al fine del soddisfacimento dell’onere della prova di cui all’articolo 2967 del codice civile, da proprie dichiarazioni.

La Corte di Cassazione ha, quindi, nel caso affrontato, ritenuto sul punto fondata l’impugnazione dell’INPS.

La causa è stata, dunque, decisa nel merito con il rigetto della domanda dell’interessato per difetto di prova del requisito reddituale, coerentemente con il principio secondo cui la prova delle circostanze rilevanti ai fini del possesso dei requisiti previsti per l'accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali non può essere fornita in giudizio mediante dichiarazione dell'avente diritto, anche se rilasciata con formalità previste dalla legge per le autocertificazioni, trattandosi di atto che può assumere rilievo solo nei rapporti amministrativi ed è invece privo di efficacia probatoria in sede giurisdizionale.

La Corte di Cassazione ha ritenuto, inoltre, non applicabile il principio secondo cui la produzione in primo grado della dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà riferita al requisito reddituale, pur non avendo valore probatorio, può costituire, nella valutazione del giudice un principio di prova idoneo a giustificare l'attivazione dei poteri di ufficio dello stesso giudice, essendosi al riguardo precisato che l'esercizio da parte del giudice di merito del potere-dovere di provvedere di ufficio agli atti istruttori idonei a superare l'incertezza sui fatti costitutivi dei diritti in contestazione, presuppone pur sempre che tali fatti siano stati puntualmente allegati nell'atto introduttivo e quindi siano entrati a far parte del dibattito processuale, ciò che nella specie, non è avvenuto.

28 settembre 2018

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