Pensione, indebito previdenziale, esclusione della prestazione previdenziale dal computo del reddito: vittoria in Tribunale per lo Studio Legale Carozza.
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Sentenza 1674 del 2017.
L'INPS aveva chiesto ad un pensionato la restituzione di quasi 5000 euro sostenendo che lo stesso non avesse diritto all'integrazione al minimo del trattamento pensionistico già percepita, per un presunto superamento dei limiti reddituali.
Il pensionato si rivolgeva all'INAS CISL sede di Caserta che ne affidava l'assistenza legale all'avvocato Domenico Carozza.
Veniva, dunque, proposto ricorso giudiziario sostenendo che il provvedimento di restituzione dell'indebito dell'INPS era illegittimo e che il computo del reddito effettuato dall’INPS era erroneo atteso che per l’integrazione al minimo del trattamento pensionistico devono essere computati i redditi soggetti ad IRPEF ma il trattamento pensionistico stesso va escluso.
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha accolto il ricorso.
La disciplina in materia di indebito previdenziale è derogatoria al principio civilistico di ripetibilità dell’indebito ai sensi dell'articolo 2033 del codice civile, in quanto si presume che i pensionati abbiano utilizzato gli importi indebitamente percepiti per esigenze primarie di vita.
L’articolo 80 del R.D. 1422/24 stabilisce che le assegnazioni delle pensioni si considerano definitive quando, entro un anno dall’avviso datone all’interessato, non siano state respinte dalla Cassa Nazionale (oggi INPS); in tal caso le successive rettifiche di eventuali errori, che non siano dovuti a dolo dell’interessato, non hanno effetto sui pagamenti già effettuati.
Si tratta di una norma eccezionale applicabile sia alla liquidazione originaria, sia alle successive riliquidazioni, con riferimento esclusivamente agli errori di calcolo o di determinazione del quantum della prestazione. La norma non è invece applicabile quando il provvedimento dell’istituto sia inficiato da errori riguardanti la sussistenza del diritto, ovvero si accertino sopravvenute modificazioni che comportino l’automatica estinzione totale o parziale del diritto al trattamento pensionistico.
L’articolo 52 legge 88/89 dispone che le pensioni a carico dell’assicurazione generale obbligatoria possono essere in ogni momento rettificate dagli enti o fondi erogatori, in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione, erogazione, o riliquidazione della prestazione. Nel caso in cui, in conseguenza del provvedimento modificato, siano state riscosse rate di pensione risultanti non dovute, non si fa luogo al recupero delle somme corrisposte, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato.
La norma ha introdotto il principio dell’irripetibilità delle somme che siano state indebitamente percepite a titolo di pensione dagli assicurati in conseguenza di un qualsiasi errore, pertanto, anche in caso di revoca o annullamento del provvedimento originario, salvo il caso di dolo dell’interessato.
L’articolo 13 della legge 412/91 introduce una disciplina più restrittiva, stabilendo che le disposizioni di cui all’articolo 52 comma della legge 88/89 si interpretano nel senso che la sanatoria ivi prevista opera in relazione alle somme corrisposte in base a formale, definitivo provvedimento del quale sia stata data espressa comunicazione all’interessato e che risulti viziato da errore di qualsiasi natura imputabile all’ente erogatore, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato. L’omessa od incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione goduta, che non siano conosciuti dall’ente competente, consente la ripetibilità delle somme indebitamente percepite.
Qualora l’errore compiuto al momento della liquidazione o della riliquidazione della pensione sia da imputare al comportamento doloso dell’interessato o ad una omessa o incompleta segnalazione, da parte dello stesso interessato, di fatti, anche diversi dalle situazioni reddituali, che incidano sul diritto o sulla misura della pensione goduta, le somme indebitamente erogate sono recuperabili.
Laddove, invece, l’indebito sia avvenuto per una mancata o erronea valutazione di redditi rilevanti ai fini del diritto o della misura della prestazione, comunicati dall’interessato o comunque già conosciuti dall’Istituto, quest'ultimo è tenuto a procedere annualmente alla verifica delle situazioni reddituali e può procedere al recupero delle somme indebitamente erogate solo entro l’anno successivo. L’INPS può procedere al recupero purché la notifica del relativo indebito avvenga entro l’anno successivo a quello in cui si è avuta conoscenza del reddito incidente sulla pensione goduta.
Secondo il Tribunale, nel caso affrontato, l'interessato ha pienamente dimostrato la sussistenza dei presupposti per l’esistenza del diritto di integrazione al trattamento minimo.
L’integrazione al trattamento minimo costituisce un istituto a sostegno del trattamento pensionistico per coloro che non posseggono redditi assoggettabili ad IRPEF per un importo lordo annuo predeterminato superiore ad una certa soglia. I redditi da considerare sono individuati dall’articolo 6 del decreto legge 4637/83. Nel computo del reddito deve essere considerato anche quello del coniuge, ma non devono essere considerati: la casa di abitazione e le relative pertinenze, i trattamenti di fine rapporto, la pensione stessa nonché le competenze arretrate sottoposte a tassazione separata.
I redditi vanno dichiarati al lordo delle deduzioni, anche quando, in relazione alla loro entità non vi sia obbligo di dichiarazione fiscale.
La difesa del pensionato ha documentato attraverso il deposito delle dichiarazioni dei redditi di possedere un reddito familiare complessivo che, epurato dall’ammontare della stessa prestazione pensionistica, è stato inferiore al limite legale.
Il Tribunale ha, quindi, dichiarato non dovute le somme richieste dall'INPS.
26 giungno 2017