Non assumere una donna per la sua statura può costituire discriminazione.
Corte di Cassazione, sentenza 3196 del 2019.
La Corte di Appello di Roma rigettava l’appello proposto da una nota società di trasporto ferroviario avverso la sentenza di primo grado, che l’aveva condannata all’assunzione di una donna dalla data di comunicazione dell’inidoneità fisica per deficit staturale (altezza inferiore a 160 cm), in relazione alla procedura di assunzione di personale con qualifica di Capo Servizio treno, bandita dall’azienda.
La Corte di Appello valutava il limite di altezza quale discriminazione indiretta, in violazione del decreto legislativo 198/2006, siccome non oggettivamente giustificato, né comprovato nella sua pertinenza e proporzionalità alle mansioni comportate dalla suddetta qualifica.
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione.
Costituisce discriminazione diretta qualsiasi atto, patto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e, comunque, il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un'altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga.
Si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell'altro sesso, salvo che riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell'attività lavorativa, purche' l'obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.
Soltanto le disposizioni, i criteri o le prassi che integrino discriminazione indiretta possono, dunque, evitare la qualifica di discriminazione, a condizione che siano giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il loro conseguimento siano appropriati e necessari, mentre una siffatta possibilità non è prevista per le disparità di trattamento atte a costituire discriminazione diretta.
Sotto il profilo probatorio, il decreto legislativo 198/2006, nel fissare un principio applicabile sia nei casi di procedimento speciale antidiscriminatorio che di azione ordinaria, promossi dal lavoratore ovvero dal consigliere di parità, non stabilisce poi (tanto per le discriminazioni dirette, che indirette) un’inversione dell’onere, ma solo un’attenuazione del regime probatorio ordinario, prevedendo a carico del soggetto convenuto, l’onere di fornire la prova dell’inesistenza della discriminazione, ma ciò solo dopo che il lavoratore che si ritiene discriminato abbia fornito al giudice elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, relativi ai comportamenti discriminatori lamentati, purché idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, anche se non gravi, la presunzione dell’esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso.
Il limite di statura di 160 cm prescritto nella procedura di assunzione di personale con qualifica di Capo Servizio Treno, bandita dall’azienda nel 2006, ha realizzato una discriminazione indiretta, in violazione delle norme del decreto legislativo 198/2006 di attuazione della Direttiva 2002/73/CE (in materia di accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale e di condizioni di lavoro), siccome non oggettivamente giustificato, né comprovato nella sua pertinenza e proporzionalità alle mansioni comportate dalla suddetta qualifica.
In tema di requisiti per l’assunzione, qualora sia richiesta una statura minima identica per uomini e donne, in contrasto con il principio di uguaglianza, perché presupponga erroneamente la non sussistenza della diversità di statura mediamente riscontrabile tra uomini e donne e comporti una discriminazione indiretta a sfavore di queste ultime, il giudice deve apprezzarne legittimità, valutando in concreto la funzionalità del requisito richiesto rispetto alle mansioni.
19 giugno 2019