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Lo svuotamento di mansioni costituisce un danno alla dignità professionale del lavoratore risarcibile. Vittoria in Corte d’Appello per lo Studio Legale Carozza.

Corte di Appello di Napoli, sentenza 1868 del 20202.

La Corte di Appello di Napoli ha accolto l’appello di un dipendente del Comune di Caserta avverso la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che aveva rigettato le domande proposte per l’accertamento del demansionamento subito e la condanna del Comune al risarcimento dei danni conseguenti.

Il lavoratore aveva dedotto di essere dipendente del Comune dal luglio 1986 nel settore della Polizia Municipale e dal 1998 presso il nucleo segreteria comando. L’interessato, tuttavia, dall’aprile 2001 era stato assegnato prima all’ufficio protocollo e dopo poche settimane alla sede distaccata del nucleo volontario protezione civile comunale. Egli lamentava di essere stato ridotto ad una condizione di quasi totale inattività, essendo adibito a settori nei quali svolgeva compiti del tutto inadeguati rispetto al profilo di appartenenza e consistenti in attività semplici e ripetitive. Il demansionamento patito, inoltre, aveva determinato l’insorgere di gravi danni all’integrità psicofisica, nonché alla professionalità, all’immagine e alla vita di relazione.

Il Tribunale di Santa Maria, però, accertato l’effettivo demansionamento per svuotamento delle mansioni esclusivamente, aveva rigettato la domanda risarcitoria ritenendo assenti una effettiva lesione della professionalità e danni non patrimoniali (biologico, morale, esistenziale).

Il lavoratore, quindi, ha adito la Corte di Appello di Napoli per ottenere la censura della sentenza di primo grado nella parte in cui ha negato il risarcimento pur a fronte della positiva verifica del demansionamento.

La Corte di Appello ha osservato che, nel caso concreto, la valutazione presuntiva della sussistenza del danno non può che muovere dalla constatazione dell’assoluto svuotamento di mansioni nel periodo considerato, ovvero della totale inattività del dipendente per circa tre anni. Il comportamento del datore di lavoro che lascia in condizione di inattività il dipendente non solo viola l’articolo 2103 del Codice civile, ma è al tempo stesso lesivo del fondamentale diritto al lavoro, inteso soprattutto come mezzo di estrinsecazione della personalità di ciascun cittadino, nonché dell’immagine e della professionalità del dipendente, ineluttabilmente mortificate dal mancato esercizio delle prestazioni tipiche della qualifica di appartenenza. Tale comportamento, dunque, comporta una lesione del bene immateriale della dignità professionale del lavoratore, intesa come esigenza umana di manifestare la propria utilità e le proprie capacità nel contesto lavorativo ed è automaticamente produttivo di un danno rilevante sul piano patrimoniale, per la sua attinenza agli interessi personali del lavoratore, suscettibile di valutazione e risarcimento anche in via equitativa.

La Corte di Appello ha affermato la diversità della fattispecie del demansionamento professionale ed il totale svuotamento di mansioni, che ha ritenuto essere in concreto avvenuto nel caso in esame. Il giudice del gravame ha ritenuto opportuno applicare il principio secondo cui nella disciplina del rapporto di lavoro, in presenza di numerose disposizioni che assicurano una tutela rafforzata alla persona del lavoratore (articoli 32 e 37 della Costituzione), il danno non patrimoniale è configurabile ogniqualvolta la condotta illecita del datore di lavoro abbia violato, in modo grave, i diritti della persona del lavoratore, concretizzando una lesione ad interessi oggetto di copertura costituzionale, che, non essendo regolati da norme di legge, per essere suscettibili di tutela risarcitoria dovranno essere individuati caso per caso.

Per quanto riguarda la quantificazione del danno, inoltre, la Corte di Appello ha richiamato il parametro che fa riferimento ad una percentuale della retribuzione mensile per ogni mese di dequalificazione.

L’appello proposto dal lavoratore, dunque, è stato accolto ed il Comune è stato condannato al risarcimento del danno alla professionalità.

02 ottobre 2020

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