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Lo Studio Legale Carozza su Il Mattino

Sordo perchè non poteva usare la cuffia

Lavoratore vince la causa contro l’Inail

di Enzo Mulieri

Sicurezza e prevenzione, ma anche conferma dei principi di giustizia in tema di infortuni sul lavoro. Lo dimostra quanto si è verificato nell’apparato industriale casertano dove nemmeno si poteva immaginare come l’inquinamento «sonoro» della catena di montaggio potesse scaricare i suo effetti nocivi non solo sulla salute dei lavoratori ma finanche su di una figura di rilievo quale il responsabile di produzione. E’ strano, ma è successo proprio cosi in un’ azienda di Marcianise (specializzata nella lavorazione di ripetitori per telefonini) là dove gli esiti piu dirompenti delle attività di assemblaggio hanno colpito questa volta non gli operai ma il capoturno nell’area imballaggi e spedizioni, figura di spicco dell’intero ciclo produttivo.

Proprio a causa dei compiti di guida e di controllo a lui riservati dalla proprietà, S.F, nel corso del suo servizio, ha dovuto usare saltuariamente le cuffie protettive in dotazione al personale con gravi compromissioni per le sue facoltà uditive, riportando alla fine una forma di ipoacusia acuta, ovvero un danno biologico di grado superiore al limite di sostenibilità del 16%. La vicenda assai sfortunata ed amara è stata definita nei giorni scorsi dal Tribunale di Napoli Nord (sentenza 837) che ha riconosciuto per il capoturno la sussistenza della malattia professionale, a conferma delle verifiche realizzate dal Consulente tecnico di ufficio. Una conclusione sorprendente, quest’ultima, proprio perché è stato lo stesso organismo giudiziario a sanzionare l’Inail , condannandola a corrispondere il relativo indennizzo sotto forma di rendita permanente a fare data dalla prima istanza dell’interessato (la liquidazione delle spettanze dovrebbe essere assicurata nell’arco di 120 giorni).

Di forte interesse, pertanto, la decisione del Tribunale che in qualche modo ha inteso compensare

il divario «iniquo» che si è delineato tra le lungaggini della burocrazia (la denuncia all’Inail risale

all’ottobre dello scorso anno) e la gravità del danno subito dal dipendente. Risvolti ancora più gratificanti vengono segnalati anche sul piano della giurisprudenza perchè, nella maggioranza dei ca

si in specie, viene versato al lavoratore soccombente solo un assegno quale somma in capitale, comunque all’interno di una soglia di tolleranza che va dal 6% al 15%. Come sia stato possibile una svolta di questa portata lo spiega la testimonianza resa dal personale tutto. Durante l’orario di lavoro gli operai si servono di continuo di strumenti sparachiodi necessari ad assemblare casse di legno dove vengono riposti i ripetitori o i materiali accessori. L’uso ininterrotto di queste «pistole meccaniche» procura un rumore costante ed insopportabile che può essere attutito soltanto indossando le apposite cuffie di protezione, le uniche in grado di evitare la sordità. Ma di tante precauzioni il capoturno ha potuto usufruire solo saltuariamente proprio per le mansioni che gli sono stata assegnate, per di più all’interno di un capannone di 200 metri quadrati dove l’area produzione e l’area di imballaggio non risultavano separate. Un mix di criticità insomma, per il quale null’altro si poteva fare se non ricorrere ad altre responsabilità. Cosa che è avvenuta puntualmente prima attraverso la consulenza del patronato Inas Cisl e poi con l’ avvio del procedimento giudiziario. Là dove l’istruttoria confermava la criticità di un ambiente senza barriere di isolamento acustico, la stessa difficoltà incontrata dal dipendente nell’espletamento dei suoi compiti. «E’ grave che l’Inail in un lasso di tempo assai lungo, circa sei mesi - ha commentato il legale che ha promosso la causa, Domenico Carozza - non abbia offerto alcun riscontro alla domanda del lavoratore . Adesso l’ultima sentenza del Tribunale introduce un ulteriore elemento di certezza un contributo in più nelle regole dell’ordinamento giuridico che si fa diritto vivente».

 

 

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