Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: è necessario il nesso causale con la ragione inerente all’attività produttiva. Vittoria in Corte di Appello per lo Studio Legale Carozza.
Corte di Appello di Napoli, sentenza 517 del 2022.
Un lavoratore impugnava il licenziamento deducendo l’insussistenza del giustificato motivo oggettivo ed il mancato assolvimento dell’obbligo del repêchage.
Il Tribunale accoglieva la domanda dichiarando la illegittimità del licenziamento irrogato e ordinava la reintegra nel posto di lavoro in precedenza occupato, in uno al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione di fatto.
Il Tribunale, pur ritenendo provate le circostanze dedotte dal datore di lavoro in ordine alla situazione di contrazione generale delle attività, escludeva la sussistenza del nesso di causalità in quanto le ragioni dedotte riguardanti i precedenti uffici ove il lavoratore era impegnato, non potevano essere utilizzate dopo due anni con riferimento alla nuova assegnazione del collaboratore.
Il Tribunale riteneva insussistente l’imprescindibile nesso di causalità, atteso che le vicende prospettate dal datore di lavoro, avevano riguardato uffici diversi da quello in cui lavorava l’interessato da ben due anni prima del recesso. Le vicende riferite dal datore di lavoro non potevano avere alcuna diretta inerenza e correlazione causale con la collocazione del lavoratore al tempo del suo licenziamento.
La Corte di Appello ha confermato la decisione del Tribunale.
Ove il datore di lavoro adduca una ragione alla base della soppressione del posto, il giudice è legittimato a verificare la veridicità e la sussistenza di questa causale. Sicché, ove tale nesso manchi, anche al fine di individuare il lavoratore colpito dal recesso, si rivela l’uso distorto del potere datoriale, per un’evidente dissonanza che smentisce l’effettività della ragione addotta a fondamento del licenziamento. Ai fini della legittimità del recesso, è necessario che la modifica organizzativa sia stata disposta al fine di fronteggiare una situazione di crisi dell'azienda non contingente. Costituisce limite al potere datoriale quello identificato nella non pretestuosità della scelta organizzativa. Deve sempre essere verificato il nesso causale tra l'accertata ragione inerente all’attività produttiva e l'organizzazione del lavoro come dichiarata dall'imprenditore e l'intimato licenziamento in termini di riferibilità e di coerenza rispetto all'operata ristrutturazione. Ove il nesso manchi, anche al fine di individuare il lavoratore colpito dal recesso, si disvela l'uso distorto del potere datoriale, emergendo una dissonanza che smentisce l'effettività della ragione addotta a fondamento di un licenziamento.
Il giustificato motivo oggettivo non può coincidere e non può esaurirsi nella scelta riorganizzativa insindacabilmente adottata da parte datoriale e concretamente realizzata perché quest'ultima necessita
di presupposti giustificativi a monte che vanno ad integrare le ragioni indicate dalla legge 604/1966. E', perciò, necessario che la ragione addotta a sostegno della attuata modifica organizzativa incida, dovendosi qualificare in termini di causa efficiente, proprio sulla posizione lavorativa ricoperta dal lavoratore licenziato, solo così potendosi verificare l'effettività delle ragioni addotte e, in ultima analisi, la non pretestuosità del recesso.
La Corte di Appello, nel caso affrontato, ha ritenuto che il Tribunale abbia fatto corretto uso degli indicati principi in quanto, pur ritenendo dimostrato una situazione di crisi dell’Ente caratterizzata da una riduzione delle attività e dei ricavi, ha tuttavia escluso la sussistenza del nesso causale tra tale situazione e il recesso del lavoratore in relazione alla posizione lavorativa occupata dallo stesso al momento in cui gli è stato comunicato il licenziamento, difettando ogni prova di come l’asserita crisi abbia potuto incidere proprio sul settore cui era addetto il lavoratore al momento del recesso datoriale.
21 dicembre 2022