Licenziamento di un dipendente dell'Agenzia delle Entrate che ha fornito attività privata di consulenza
Corte di Cassazione, sentenza n. 617 del 2015.
La Corte di Appello di Trieste, confermando la decisione di primo grado, ha ritenuto giustificato il licenziamento di un dipendente della Agenzia delle Entrate, al quale era stato addebitato una attività di consulenza per sedici clienti, condotta valutata grave dalla Agenzia e comunque capace di far venir meno la fiducia nel proprio dipendente.
Il lavoratore ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che l'Agenzia delle Entrate avesse violato il D.P.R. 3/1957, per aver omesso la diffida prima di esercitare il potere disciplinare.
La Corte di Cassazione ha ribadito che la procedura di diffida si inserisce nella ipotesi di valutazione di incompatibilità tra la permanenza in servizio e lo svolgimento di attività non consentite e non nella diversa ipotesi che si sia in presenza di una contestazione avente natura essenzialmente disciplinare. L'istituto della decadenza dal rapporto di impiego, come disciplinato dal D.P.R. 3/1957, è applicabile ai dipendenti, ma attiene alla materia dell'incompatibilità ed è estraneo all'ambito delle sanzioni e della responsabilità disciplinare.
Il dipendente lamentava ancora che non fosse sanzionabile la sua condotta tenuta, in quanto alla luce dell'istruttoria espletata i fatti emersi e contestati non potevano essere considerati svolgimento di una attività professionale di consulenza, come tale incompatibile con il rapporto di impiego.
La Corte di Cassazione ha sostenuto, invece, che la pluralità delle condotte contestate al dipendente, ovvero aver svolto attività di consulenza privata per numerosi soggetti, giustificavano il licenziamento per giusta causa per la loro gravità.
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore e lo ha condannato al pagamento delle spese di lite per oltre 5000 euro.
09/02/2015