Legittimo il licenziamento del pubblico dipendente per doppio lavoro non autorizzato
Cassazione, con sentenza n 20857 del 2012
La Corte di Appello di Milano respingeva il ricorso di una lavoratrice avverso la sentenza del Tribunale di Pavia che aveva rigettato il ricorso della predetta inteso ad ottenere la declaratoria dell'illegittimità del licenziamento intimatole il 30.6.2005 dalla Regione Lombardia per violazione del divieto di cumulo d’impieghi ed incarichi lavorativi in costanza di rapporto di lavoro subordinato con la P.A.
La Corte di Appello riteneva che, ai sensi dell'art. 53 del d.Igs. 165/2001, che richiamava il disposto degli artt. 60 e ss. del d.p.r. 3/1957, la disposizione d’incompatibilità prevista nell'interesse del buon andamento dell'amministrazione prescriveva l'esclusività della prestazione resa dal dipendente in favore dell'ente datore di lavoro e che anche il CCNL del personale dipendente Comparto Regione - Autonomie locali prevedeva analogo divieto (art. 23), onde l’accertata presenza della lavoratrice all'interno del negozio della sorella, intenta a svolgere mansioni di commessa ed attività di vendita, anche durante il normale orario di lavoro in giornate di assenza dal lavoro giustificate dallo stato di malattia, meritava la sanzione del licenziamento.
La Corte di Cassazione, confermando la decisione della Corte di Appello, ha rilevato che la lavoratrice assumeva che anche avere effettivamente dato una mano alla sorella nella gestione del negozio in fase di liquidazione e non aver svolto attività lavorativa continua e retribuita era un comportamento illegittimo. L'art. 23 del c.c.n.l. per il personale dipendente del comparto Regioni ed autonomie Locali, alla lettera g) pone il divieto di attendere ad occupazioni estranee al servizio. L'art. 60 del Testo Unico 3/1957, relativo alla disciplina delle incompatibilità, richiamato dall'art. 53, 1 comma del d. Igs. 165/2001 ("Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dagli artt. 60 e ss. del testo unico approvato con d.p.r. 10.1.1957 n. 3"), prevede che l'impiegato non possa esercitare il commercio, l'industria, né alcuna professione, senza alcun riferimento ad attività retribuita. La Corte di Cassazione ha, quindi, ritenuto che il divieto deve ritenersi assoluto, a prescindere dalla sussistenza o meno di una remunerazione, ovvero di una continuità della prestazione lavorativa diversa da quella espletata alle dipendenze della P.A.
07/01/2013