Articolo

Legittimo il licenziamento del lavoratore ripreso dalla telecamera mentre ruba. 

Corte di Cassazione, sentenza 10636 del 2017.

La Corte d'Appello di Perugia rigettava le domande proposte da un lavoratore intese a conseguire la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare.
La contestazione disciplinare formulata nei confronti del dipendente, impiegato presso il punto vendita di un ipermercato di Terni, aveva ad oggetto il prelievo e l'utilizzo per uso personale di prodotti dolciari. I fatti erano risultati delle riprese di una telecamera installata nei locali ove si erano verificati i furti contestati. La registrazione delle immagini era stata realizzata dalla strumentazione apposta dalla società di investigazione nei locali aziendali. Secondo la Corte di Appello, tale circostanza integrava una ipotesi di controllo difensivo occulto, attuato con modalità non peculiarmente invasive, e rispettose delle garanzie di libertà e dignità dei dipendenti, non avendo ad oggetto l'attività lavorativa più propriamente detta ed il suo esatto adempimento, in quanto la telecamera riprendeva unicamente lo scaffale sul quale erano collocati i prodotti dolciari le cui operazioni di movimentazione erano affidate agli addetti di agenzie esterne e non ai dipendenti della cooperativa.
Della controversia veniva investita la Corte di Cassazione
Il lavoratore sosteneva che i controlli difensivi occulti predisposti dalla società dovessero rientrare nell'ambito di applicazione dell'articolo 4 della legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) ovvero potessero essere utilizzati solo per il perseguimento delle esigenze indicate dalla norma e previo accordo sindacale o autorizzazione amministrativa, perché finalizzati alla tutela dell'azienda dai comportamenti illeciti dei lavoratori. Il lavoratore sosteneva che la inapplicabilità dei precetti sanciti dallo Statuto dei Lavoratori fosse possibile non per il semplice perseguimento di una finalità di tutela del patrimonio aziendale, ma fosse necessario qualcosa in più: l'attualità di una minaccia tale da giustificare l'esercizio di una legittima e proporzionata esigenza difensiva.
Di diverso avviso è stata la Corte di Cassazione: l'adozione di strumenti di controllo a carattere difensivo non necessita del preventivo accordo con le rappresentanze sindacali nè di alcuna specifica autorizzazione quando è volto a prevenire condotte illecite suscettibili di mettere in pericolo la sicurezza del patrimonio aziendale ed il regolare e corretto svolgimento della prestazione lavorativa. L'esigenza di evitare il compimento di condotte illecite da parte dei dipendenti non può comunque assumere una portata tale da giustificare un sostanziale annullamento di ogni forma di garanzia della dignità e della riservatezza del lavoratore.
La Suprema Corte ha confermato una tendenziale ammissibilità dei controlli difensivi occulti, anche ad opera di personale estraneo all'organizzazione aziendale, in quanto diretti all'accertamento di comportamenti illeciti diversi dal mero inadempimento della prestazione lavorativa, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, ferma comunque restando la necessaria esplicazione delle attività di accertamento mediante modalità non eccessivamente invasive e rispettose delle garanzie di libertà e dignità dei dipendenti, con le quali l'interesse del datore di lavoro al controllo ed alla difesa della organizzazione produttiva aziendale deve contemperarsi, e, in ogni caso, sempre secondo i canoni generali della correttezza e buona fede contrattuale.
La Corte di Cassazione ha, quindi, rigettato il ricorso del lavoratore.
03 novembre 2017

Condividi questo articolo: