Legittimo il cumulo pensioni per non vedenti
Corte di Cassazione, sentenza n. 15646 del 2012.
La Corte d'Appello di Roma aveva confermato una sentenza del Tribunale di Roma del 20 gennaio 2006 che ha rigettato il ricorso proposto da M.C. con il quale si chiedeva il ripristino della pensione d’invalidità che le era stata revocata a seguito della sua assunzione presso il Ministero della Giustizia.
La Corte di Cassazione ha, invece, accolto la domanda e statuito il ripristino della pensione d’invalidità.
La Corte ha riproposto il principio di diritto secondo cui la particolare disciplina prevista dalla L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 68, da leggersi in senso costituzionalmente orientato (artt. 2, 3, 4 e 38 della Costituzione), derogando alla generale normativa posta dal R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, art. 10 (secondo cui la pensione d'invalidità è soppressa quando la capacità di guadagno del pensionato non è più inferiore ai minimi di legge), esclude, per quanto attiene unicamente alla fase successiva al riconoscimento del trattamento pensionistico, che la pensione d’invalidità già riconosciuta all'assicurato in ragione della sua cecità possa essergli revocata quali che siano i mutati limiti della sua capacità di lavoro e di guadagno.
La disposizione di cui al D.L. n. 463 del 1983, art. 8, comma 1 bis, con il richiamo alla L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 68, porta ad affermare che il riacquisto della capacità di guadagno nonché di un reddito da lavoro, anche elevato, da parte del cieco non comporta la perdita della pensione, giacché la previsione, in favore dei ciechi, della conservazione del trattamento pensionistico nonostante la carenza sopravvenuta di uno dei presupposti, e in particolare del requisito reddituale, persegue la finalità di favorire il loro reinserimento sociale, non distogliendo l'invalido dall'apprendimento e dall'esercizio di un'attività lavorativa.
Tale principio era stato già enunciato dalle Sezioni Unite della Corte, con la sentenza n. 3814 del 2005, in un diverso caso di integrazione al minimo, stabilendo che il trattamento pensionistico, non era in questione un miglioramento finalizzato al sostentamento, ma il reinserimento sociale del non vedente.
Secondo la Corte di Cassazione merita tutela l'affidamento riposto dal cittadino non vedente sull'ammontare del beneficio previdenziale riconosciutogli su cui fa come affidamento e su cui ha costruito il proprio tenore di vita e coltivato i propri progetti, e che non può subire mutamenti in ragione dell'attività lavorativa che viene a spiegare, che deve essere agevolata e invogliata in attuazione dei principi costituzionali volti alla promozione delle coedizioni che rendono effettivo il diritto al lavoro per tutti i cittadini (art. 4 Costituzione) nonché all’elevazione professionale ed al doveroso rispetto dei diritti inviolabili del cittadino e della dignità della persona degli inabili o dei minorati (artt. 2, 3 e 38 Costituzione).
07/01/2013