Le mancanze nello stato di applicazione della normativa di prevenzione
Contributo a cura della dott.ssa Cinzia Frascheri
Giuslavorista, Responsabile nazionale CISL salute e sicurezza sul lavoro.
Con il varo del DLGS 81/08 s.m., il legislatore, nell’attuare un ampio riordino e riassetto dell’intera materia prevenzionale, potendo contare su di un’esperienza prolungata nel tempo (il DLGS 626 è stato vigente per circa quattordici anni), ha ritenuto fondamentale andare a istituire un organismo, di livello nazionale, che potesse svolgere un ruolo, ritenuto necessario, di “cabina di regia” delle politiche di prevenzione.
Seppur attiva la Commissione consultiva permanente, considerati i compiti a questa attribuiti, a mancare negli anni di vigenza del DLGS 626/94, sicuramente è stato un organismo che dettasse le linee prioritarie di intervento, in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, in modo da coordinare e rendere coerente le diverse azioni poste in campo dagli attori della prevenzione, su tutto il territorio nazionale, senza escludere l’intero apparato legislativo, nazionale e regionale.
L’istituzione del «Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro» (art. 5 del DLGS 81/08 s.m.) è stata, pertanto, salutata in modo altamente positivo, riscontrando nei compiti elencati (al comma 3), quanto fino a quel momento era mancato, e quanto invece sarebbe stato importante per uno sviluppo del sistema della prevenzione in Italia.
Compito primario e, soprattutto caratterizzante il ruolo del Comitato ex art.5, quello previsto alla lett. a), relativo allo stabilire «le linee comuni delle politiche nazionali in materia di salute e sicurezza sul lavoro», meglio conosciute come Strategia nazionale di prevenzione. Un documento, quest’ultimo che, racchiudendo gli obiettivi, le priorità, i programmi di prevenzione, annuali e pluriennali, delineati sul piano politico per il nostro Paese, avrebbe rappresentato il cardine centrale per l’attuazione di forme di coordinamento ed intervento in ambito di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Purtroppo, dal 2008, anno di istituzione del Comitato ex art.5, la Strategia nazionale di prevenzione non ha mai visto la luce, riducendo l’Italia ad essere attualmente l’unico paese dell’Unione europea a non avere tale piano politico strategico.
Il grave ritardo che fino ad oggi siamo stati costretti a registrare, non deve essere annoverato quale mero mancato adempimento di natura formale e documentale, ma bensì come una condizione di determinante assenza di Linee di indirizzo a cui far riferimento, e i cui effetti negativi si riscontrano non su di un piano teorico, ma nell’agire quotidiano da parte delle realtà lavorative.
All’assenza di una Strategia nazionale di prevenzione, quale più rilevante effetto, si devono le ripetute modifiche, in particolare di questi ultimi anni, del testo del DLGS 81/08 s.m. che, elaborate in mancanza di una visione complessiva di prevenzione, hanno determinato più problemi applicativi che miglioramenti. Condizione che si è presentata anche in merito ai diversi interventi regolativi, in particolare in tema di formazione, redatti dalla Conferenza Stato-Regioni che è stata costretta, a seguito di tutti e tre gli ultimi Accordi (quelli del 2011 e quello del luglio scorso) a dover elaborare delle linee applicative e chiarificative successive, per rimediare ai disallineamenti prodotti con le disposizioni previste dagli Accordi.
Il quadro presentato dalla Relazione sull’applicazione della normativa di prevenzione, di prossima pubblicazione, conferma la situazione. Basti pensare all’estemporanea abrogazione del registro degli infortuni, a fronte dell’attesa dal 2008 della definizione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi (previsto all’art.27), come anche l’ennesima modifica delle regole della formazione in modalità e-learning (di ancora dubbia efficacia), a fronte della mancata costituzione del Fondo di sostegno alla piccola e media imprese (previsto all’art.52), mediante il quale si darebbe definitiva concretezza al sistema della rappresentanza e pariteticità, combattendo definitivamente il fenomeno diffuso degli organismi paritetici non regolari.
Anche il raccordo tra le normative che producono effetti in materia di prevenzione, ad oggi risente dell’assenza di una Strategia nazionale; evidenti lo sono i disallineamenti che si possono riscontrare (pagandone nella quotidianità le conseguenze di una più debole tutela per i lavoratori), tra la normativa di salute e sicurezza e le disposizioni in tema di contratti flessibili (vedi il DLGS 81/2015), così come anche nei riguardi delle disposizioni relative all’alternanza scuola-lavoro, pensata per un obiettivo importantissimo come l’avvicinare gli studenti al mondo del lavoro, ma scritta non avendo a riferimento quelle che sono le esigenze di tutela che devono essere garantite anche a questi giovani (a partire dalle forniture dei dispositivi di protezione individuale, alla sorveglianza sanitaria, alla valutazione dei rischi…).
Diviene, pertanto, ancora una volta urgente e necessaria la stesura della Strategia nazionale di prevenzione, al fine non solo di far impegnare il governo nel delineare un piano di politiche prevenzionali, ma per definire in modo chiaro le priorità e gli ambiti di più urgente intervento, potendo così armonizzare le disposizioni normative, valutare gli interventi di modifica, ma anche le azioni di vigilanza, lasciate oggi completamente alle autonomie locali.
16 gennaio 2017