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Lavoro festivo infrasettimanale possibile solo con accordo.

Corte di Cassazione, sentenza 27948 del 2017.

Una società proponeva appello avverso sei sentenze, di identico contenuto, pronunciate dal Tribunale di Bergamo con le quali era stata condannata al pagamento in favore dei lavoratori di importi corrispondenti alla retribuzione giornaliera per le festività dell’8 dicembre e/o del 6 gennaio, avendo il primo giudice ritenuto che l’emolumento fosse dovuto ai sensi del ccnl metalmeccanica, a prescindere dalla legittimità del rifiuto dei lavoratori di prestare, come loro richiesto, attività lavorativa in dette giornate.

La società proponeva ricorso per cassazione lamentando che al lavoratore è riconosciuto il diritto soggettivo di astenersi dal lavoro in occasione delle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose, e tuttavia, allorquando la contrattazione collettiva applicabile preveda, come eccezione alla regola legale, che l’attività lavorativa possa essere svolta anche nei giorni festivi, subordinando la fruizione della festività alle esigenze aziendali, la sussistenza di tali esigenze costituisce l’unico presupposto per l’applicazione del regime di eccezione (contrattuale) in luogo della regola (legale), sicché il datore di lavoro, che invochi l’applicazione della norma contrattuale, deve solo provare la sussistenza del presupposto di fatto, e cioè delle esigenze aziendali. La datrice di lavoro si doleva pertanto che la sentenza impugnata aveva configurato il trattamento economico della festività come un diritto soggettivo incondizionato, inderogabile anche ad opera della contrattazione collettiva.

La Suprema Corte ha ritenuto infondata la testi della società evidenziando che il ccnl metalmeccanica industria prevede la possibilità di lavorare anche durante le festività, ma non un obbligo. La norma può ritenersi comunque derogabile solo con l'accordo individuale col datore di lavoro o con accordi sindacali stipulati da Organizzazioni Sindacali cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato.

La società lamentava anche che secondo la legge 90/54 non si dovrebbe estendere il trattamento di festività per il lavoratore assente ingiustificato o che sospenda il lavoro per sua volontà.

Anche per questo aspetto la Suprema Corte ha ritenuto infondato il ricorso della società. La legge 90/54 prevede la spettanza del trattamento di festività anche se la prestazione lavorativa non è affatto resa in taluni casi di assenza in generale dal lavoro, ritenuti degni di maggior tutela (malattia, gravidanza, etc.), mentre ritenere assente ingiustificato il lavoratore che non presti attività lavorativa durante le festività di legge non è consentito dalla norma.

Il provvedimento con cui il datore di lavoro impone al dipendente di prestare l’attività lavorativa nelle festività infrasettimanali in violazione della legge 260/1949 è nullo ed integra un inadempimento parziale del contratto di lavoro, sicché l’inottemperanza del lavoratore è giustificata.

La legge 90/1954 estende il diritto al trattamento di festività anche ad alcuni casi, di totale assenza dal lavoro, ritenuti meritevoli di particolare tutela (malattia, gravidanza, etc.). Rovesciare tale norma nel senso di ritenere che il trattamento non spetti in ipotesi in cui il lavoratore semplicemente rifiuti di prestare, come suo diritto, la sua opera durante le festività previste dalla legge non è operazione consentita, né desumibile dalla norma.

La legge 260/1949, relativa alle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose, riconosce al lavoratore il diritto soggettivo di astenersi dal lavoro in occasione di tali festività, regolando compiutamente la materia, non è consentita l’applicazione analogica delle eccezioni al divieto di lavoro domenicale e deve escludersi che il suddetto diritto possa essere posto nel nulla dal datore di lavoro, essendo rimessa la rinunciabilità al riposo nelle festività infrasettimanali solo all’accordo tra datore di lavoro e lavoratore.

La Suprema Corte ha, quindi, rigettato il ricorso della società condannandola al pagamento di oltre 8000 euro di spese legali.

18 dicembre 2017

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