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Lavoro a tempo parziale: nullo il regolamento che vieta altri lavori.

Corte di Cassazione, 13196 del 2017.

La Corte di Appello di Messina rigettava la domanda di un lavoratore avente ad oggetto l'impugnativa del licenziamento per giusta causa.

Al dipendente part-time era stato contestato di aver violato il Regolamento del personale, secondo cui la qualità di dipendente è incompatibile qualunque altro impiego sia pubblico che privato ed è pure incompatibile ogni altra occupazione o attività che non sia ritenuta conciliabile con l'osservanza dei doveri d'ufficio e con il decoro dell'ente.

Della controversia veniva investita la Corte di Cassazione.

La Suprema Corte ha rilevato che la Corte di Appello aveva fondato il proprio convincimento sul fatto rappresentato dall'esercizio di un'altra attività lavorativa, prestata dal dipendente in regime di part-time, al di fuori dell'orario di lavoro, osservando che il divieto contenuto nel regolamento aziendale sarebbe stato assoluto, senza spazi interpretativi di sorta che avebbero potuto giustificare l'inottemperanza allo stesso.

La Corte di Cassazione ha ritenuto, però, che siffatta lettura della disposizione regolamentare non può essere accolta, se riferita ad un prestatore di lavoro in regime di part-time, non potendo il datore di lavoro disporre della facoltà del proprio dipendente di reperire un'occupazione diversa in orario compatibile con la prestazione di lavoro parziale; in tali casi, l'incompatibilità può essere solo valutata in concreto caso per caso.

Difatti, pure in presenza di un regolamento aziendale che contempla testualmente una incompatibilità assoluta tra la qualità di dipendente e lo svolgimento di qualunque altro impiego sia pubblico che privato, l'unica lettura interpretativa coerente con il dettato costituzionale, è quella che legittima la verifica della incompatibilità in concreto della diversa attività, svolta al di fuori dell'orario di lavoro, con le finalità istituzionali e con i doveri connessi alla prestazione, ai sensi degli articoli 2104 e 2105 del codice civile, mentre sarebbe nulla una previsione regolamentare che riconoscesse al datore di lavoro un potere incondizionato di incidere unilateralmente sul diritto del lavoratore in regime di part-time di svolgere un'altra attività lavorativa.

L'unica interpretazione che rende legittima la previsione regolamentare è quella che esige, anche per l'esercizio di un'attività lavorativa al di fuori dell'orario di lavoro, al pari delle altre occupazioni, una verifica di incompatibilità in concreto tra l'esercizio della diversa attività e l'osservanza dei doveri d'ufficio o la conciliabilità con il decoro del datore di lavoro.

Secondo la Corte di Cassazione, ammettere che il datore di lavoro abbia una facoltà incondizionata di negare l'autorizzazione o di sanzionare in sede disciplinare il fatto in sè dell'esercizio di un'altra attività lavorativa al di fuori dell'orario di lavoro sarebbe in contrasto con il principio del controllo giudiziale di tutti i poteri che il contratto di lavoro attribuisce al datore di lavoro, e proprio con riferimento ad aspetti incidenti sul diritto al lavoro. L'incompatibilità deve essere verificata caso per caso, restando tale valutazione suscettibile di controllo, anche giudiziale.

 

12 giugno 2017

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