La vicinanza e la disponibilità dei mezzi di prova e la tutela costituzionale del diritto di difesa
Corte di Appello di Napoli, sentenza n. 3698 del 2013
La Corte di Appello di Napoli ha deciso definitivamente in merito ad una domanda di ammissione al passivo del fallimento dopo 20 anni. Un lavoratore dipendente di una società produttrice di calcestruzzo lamentava il mancato pagamento di crediti di lavoro e del trattamento di fine rapporto. La società veniva dichiarata fallita. Il lavoratore si rivolgeva alla Filca Cisl di Napoli per ottenere assistenza per l'insinuazione al passivo dei proprio credito nello stato passivo del fallimento.
Essendo stato dichiarato esecutivo lo stato passivo con esclusione del lavoratore, quest'ultimo, con il patrocinio dell'Avv. Domenico Carozza, proponeva opposizione. Il Tribunale di Napoli riteneva, però, che il lavoratore, che non aveva ricevuto il provvedimento di diniego, dovesse egli dare la prova di non essere stato raggiunto da alcuna comunicazione per valutare la tempestività della impugnativa. Il legale del lavoratore sosteneva, prima dinanzi alla Corte di Appello e poi con ricorso per Cassazione, che erroneamente il Tribunale aveva dichiarato inammissibile l'opposizione, perché la prova della tempestività poteva essere fornita solo dalla Curatela fallimentare e il lavoratore non poteva dare la prova negativa di non avere avuto alcuna comunicazione. La missiva senza data sottoscritta dal curatore fallimentare, depositata in giudizio, era, inidonea a produrre effetti giuridici perché l'unico atto idoneo poteva essere una raccomandata con ricevuta di ritorno.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del lavoratore. Il Supremo Collegio ha ritenuto che la posizione del Tribunale di Napoli fosse in contrasto con l'articolo 24 della Costituzione che sancisce il diritto di difesa di ogni cittadino, con l'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e con l'articolo 111 della Costituzione che sancisce il principio della “parità delle armi” tra le parti processuali. Sarebbe stato onere della parte che aveva la disponibilità del documento, e la possibilità di occultarlo, fornire la prova della spedizione della comunicazione di esclusione dalla stato passivo e della eventuale intempestività della opposizione.
Sulla base di tale principio, la Corte di Appello di Napoli, a cui la il giudizio era stato rinviato dalla Corte di Cassazione, ha accolto la domanda di insinuazione al passivo del lavoratore per la somma di oltre 70.000 euro con integrazione ulteriore dell'importo per gli interessi legali e la rivalutazione monetaria per gli oltre 20 anni trascorsi dalla cessazione del rapporto di lavoro.
11/11/2013