La reperibilità passiva non dà diritto automaticamente al riposo compensativo
Corte di Cassazione, sentenza 26723 del 2014
La Corte di Appello di Roma, confermando la sentenza del Tribunale di Cassino, rigettava l’opposizione dell'ASL avverso i decreti ingiuntivi emessi, su istanza di lavoratori (medici ed operatori sanitari), a titolo di differenze retributive relative a giorni di riposo non goduto, avendo gli stessi prestato servizio di pronta reperibilità in giorni festivi.
La Corte di Cassazione, investita dalla vicenda, ha rilevato che il compenso era stato richiesto in assenza di prestazione lavorativa (cosiddetta reperibilità passiva).
Secondo la Suprema Corte, la reperibilità, prevista dalla disciplina collettiva, si configura come una prestazione strumentale ed accessoria qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro, consistendo nell'obbligo del lavoratore di porsi in condizione di essere prontamente rintracciato, fuori del proprio orario di lavoro, in vista di un'eventuale prestazione lavorativa.
Il servizio di reperibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale limita soltanto, senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo stesso e comporta il diritto ad un particolare trattamento economico aggiuntivo stabilito dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, determinato dal giudice, mentre non comporta, salvo specifiche previsioni della contrattazione collettiva, il diritto ad un giorno di riposo compensativo, il cui riconoscimento, attesa la diversa incidenza sulle energie psicofisiche del lavoratore della disponibilità allo svolgimento della prestazione rispetto al lavoro effettivo, non può trarre origine dall'articolo 36 della Costituzione, ma la cui mancata concessione è idonea ad integrare un'ipotesi di danno non patrimoniale (per usura psico-fisica) da fatto illecito o da inadempimento contrattuale, che è risarcibile in caso di pregiudizio concreto patito dal titolare dell'interesse leso, sul quale grava però l'onere della specifica deduzione e della prova.
La Corte di Cassazione ha rilevato che, nel caso affrontato, non era stato dedotto e, tanto meno, provato, da parte dei lavoratori, un danno non patrimoniale da usura psico-fisica.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell'ASL, revocato i decreti ingiuntivi e rigettato le domande dei lavoratori.
12/01/2015