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La fittizia interposizione volta a procurarsi un ingiusto profitto consistente nel risparmio contributivo integra il reato di truffa.

Corte di Cassazione, sentenza 23921 del 2020.

La Corte di appello di L'Aquila confermava la sentenza di primo grado, che aveva ritenuto responsabile un imprenditore del reato di truffa ai sensi dell’articolo 640 del Codice penale e perseguibile, al contempo, la società dell'illecito amministrativo previsto dall’articolo 24 del Decreto Legislativo 231/2001.

La società condannata aveva utilizzato 22 lavoratori distaccati formalmente dipendenti di un’altra società, di cui l’imputato era amministratore unico; quest’ultima società costituiva una scatola vuota che aveva omesso di versare i contributi previsti. La prima società,  che aveva impiegato i lavoratori, era così riuscita ad aumentare l'organico aziendale senza ulteriori costi aggiuntivi di tipo previdenziale e fiscale, sottraendo in tal modo agli enti previdenziali creditori garanzie idonee per la effettiva solvibilità dei debiti contributivi, per cui era stato indotto in errore l’INPS, con conseguente ingiusto profitto consistito nell'esonerare la società utilizzatrice dei lavoratori da responsabilità solidale nel caso di mancato pagamento di oneri e contributi previdenziali e nel risparmio di spesa che quest'ultima aveva ottenuto attraverso la sua precostituita insolvibilità.

Avverso la sentenza veniva promosso ricorso per cassazione dall’imprenditore e dalla società utilizzatrice. Veniva dedotto che la contestazione del reato di truffa individuasse il vantaggio e il conseguente danno nell'omesso pagamento dei contributi consistito nell'aver fatto ricorso all'istituto del distacco eludendo norme inderogabili di legge. Per le parti condannate sarebbe, dunque, esistito un rapporto di specialità tra le contravvenzioni previste dalla normativa sul distacco e il reato di truffa, con la conseguente inapplicabilità del dettato del Codice penale in materia di truffa.

La Cassazione ha, invece, sottolineato che il profitto del reato di truffa consiste nel risparmio contributivo e previdenziale conseguito tramite il fittizio distacco. Per la Suprema Corte non è condivisibile, pertanto, quanto affermato dalle parti condannate, secondo cui le condotte descritte dalle norme sul distacco e dalla norma sulla truffa sarebbero identiche, posto che nelle prime manca il fine di eludere gli oneri contributivi. L’elusione degli oneri contributivi, invece, non può non rientrare nell'ambito di applicazione del reato di truffa, in quanto la finalità della fittizia interposizione è proprio quella di procurarsi un ingiusto profitto consistente nel risparmio contributivo, del tutto differente da quella del mancato rispetto della normativa posta a tutela dei lavoratori. Le società non si erano limitate a violare le norme in materia di distacco, ma avevano integrato il fatto tipico previsto dalla norma sul reato di truffa, essendo le condotte attuate tese ad eludere gli oneri contributivi.

10 marzo 2022


 

 

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