La falsa attestazione del pubblico dipendente relativa alla sua presenza in ufficio integra il reato di truffa aggravata anche a prescindere dal danno economico cagionato.
Corte di Cassazione, sentenza 3262 del 2019.
La Cassazione ha annullato l'ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria con cui era stata revocata la misura interdittiva della sospensione di due mesi del pubblico ufficiale applicata per il reato di truffa contestato ad un pubblico dipendente.
Il Tribunale, in particolare, aveva escluso la configurabilità della truffa, osservando che il raggiro accertato, pur se quasi quotidiano, avrebbe prodotto nel complesso assenze di pochi minuti nell'arco delle singole giornate lavorative e che il calcolo delle ore lavorative evase avrebbe superato, in termini retributivi, di poco la cifra irrisoria di euro 50, concretizzando per la Pubblica Amministrazione di appartenenza un danno non apprezzabile.
Per la Suprema Corte, tuttavia, il Tribunale ha erroneamente escluso la configurabilità della contestata truffa, valorizzando elementi atti ad evidenziare la non particolare gravità del reato, ma che non ne impedivano la configurabilità. La falsa attestazione del pubblico dipendente relativa alla sua presenza in ufficio, riportata sui cartellini marcatempo o nei fogli di presenza, integra il reato di truffa aggravata ove il soggetto si allontani senza far risultare, mediante timbratura del cartellino o della scheda magnetica, i periodi di assenza, sempre che questi ultimi siano economicamente apprezzabili, osservando che anche una indebita percezione di poche centinaia di euro, corrispondente alla porzione di retribuzione conseguita in difetto di prestazione lavorativa, costituisce un danno economicamente apprezzabile per l'amministrazione pubblica.
Assume rilievo ulteriore l'incidenza della condotta delittuosa sull'organizzazione dell'ente interessato, che ben potrebbe aver subito pregiudizio rilevante per effetto delle pur minime assenze del lavoratore, poiché esse, unitamente al danno che ne consegue, vanno valutate non soltanto sotto un profilo quantitativo, in riferimento all’ammontare della retribuzione indebitamente percepita, ma anche in quanto mettano in pericolo l'efficienza degli uffici.
La Suprema Corte, pertanto, ha annullato il provvedimento ribadendo che la falsa attestazione del pubblico dipendente relativa alla sua presenza in ufficio integra il reato di truffa aggravata ove il soggetto si allontani senza far risultare i periodi di assenza, che rilevano anche a prescindere dal danno economico cagionato all'ente in quanto incidono sull'organizzazione dell'ente stesso e ledono gravemente il rapporto fiduciario che deve legare il singolo impiegato all'ente.
12 gennaio 2022