La cessazione della posizione organizzativa non costituisce demansionamento.
Corte di Cassazione, sentenza 18561 del 2019.
Il Tribunale di Lecce rigettava il ricorso proposto da un dipendente nei confronti della Agenzia delle Entrate inquadrato nella terza Area funzionale del CCNL applicabile, ritenendo che sia le mansioni alle quali era stato adibito il presso l'ufficio di provenienza che quelle alle quali era stato adibito lo stesso lavoratore presso l’ufficio di destinazione rientrassero in quelle proprie del profilo di appartenenza, non essendo decisiva la circostanza che il ricorrente, prima del suo trasferimento, svolgesse l'incarico di natura temporanea di Capo Team.
La Corte di Appello, al contrario, accoglieva il ricorso del lavoratore ed accertava il suo demansionamento, condannando il datore di lavoro al risarcimento dei danni.
La Corte di Appello affermava che lo ius variandi del datore di lavoro pubblico di norma può esercitarsi solo nell'ambito di mansioni aderenti alla specifica competenza tecnico professionale del dipendente che ne salvaguardino il livello professionale e gli consentano di utilizzare il patrimonio di esperienze acquisite nella pregressa fase del rapporto di lavoro, almeno che non sussistano oggettive esigenze della pubblica amministrazione che giustifichino, a monte, il mutamento di mansioni, e quindi la conseguente perdita di professionalità, e che tale mutamento avvenga all'esito di una procedura di comparazione con altri dipendenti nella medesima posizione.
La Corte di Appello dal raffronto tra le attività espletate dal dipendente prima del suo trasferimento e quelle espletate dopo lo stesso giungeva ad un giudizio di dequalificazione.
La Suprema Corte ha accolto, invece, il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.
In tema di pubblico impiego privatizzato, il decreto legislativo 165/2001 assegna rilievo solo al criterio dell'equivalenza formale delle mansioni, con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita, senza che il giudice possa sindacare in concreto la natura equivalente della mansione.
In tema di lavoro pubblico negli enti locali, il conferimento di una posizione organizzativa non comporta l'inquadramento in una nuova categoria contrattuale ma unicamente l'attribuzione di una posizione di responsabilità, con correlato beneficio economico. Ne consegue che la revoca di tale posizione non costituisce demansionamento, trovando applicazione il principio di turnazione degli incarichi, in forza del quale alla scadenza il dipendente resta inquadrato nella categoria di appartenenza, con il relativo trattamento economico.
09 ottobre 2019