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L’obbligo contributivo grava sui redditi da lavoro e non su quote di partecipazione alla società.

Corte di Cassazione, sentenza 23790 del 2019.

La controversia attiene alla individuazione della base imponibile sulla quale il lavoratore autonomo iscritto alla relativa gestione previdenziale e, allo stesso tempo, socio di società di capitale deve parametrare il proprio obbligo contributivo, cioè se si debba tener conto di tutti i redditi dal medesimo percepiti nel corso dell'anno di riferimento o se, all'opposto, si debba tener conto solo dei redditi connessi allo svolgimento di un'attività lavorativa.

Nella fattispecie l’interessato, vice-presidente del Consiglio di Amministrazione di una società di capitali, al cui interno svolgeva attività lavorativa, nonché titolare di quote di partecipazione in alcune aziende e proprietario di altre quote di minoranza di altre società di capitali, nelle quali non svolgeva attività lavorativa, si era opposto al pagamento dei contributi alla Gestione IVS Commercianti per l'ammontare di Euro 3371,71 preteso dall'INPS in relazione ai contributi a percentuale eccedenti il minimale.

Tale opposizione fu accolta dal Tribunale di Reggio Emilia e dalla Corte di Appello di Bologna.

Secondo la Corte di Appello la totalità dei redditi di impresa denunciati ai fini IRPEF, di cui al Decreto legge 384/1992, deve essere intesa, contrariamente alla tesi dell'INPS, come riferita al solo reddito di impresa denunciato ai fini IRPEF per l'anno solare al quale i contributi si riferiscono, purché derivante dall'attività di impresa che dà titolo all'iscrizione alla Gestione Commercianti. Gli utili derivanti dal solo fatto di essere socio di società di capitali non rientrano nella nozione di reddito d'impresa ai fini contributivi.

L’INPS ha proposto ricorso per cassazione, respinto dalla Suprema Corte.

Secondo l’articolo 3 bis del Decreto Legge 384/1992 l'ammontare del contributo annuo dovuto per i è rapportato alla totalità dei redditi d'impresa denunciati ai fini IRPEF per l'anno al quale i contributi stessi si riferiscono.

 La Legge 662/1996 ha disposto che l'obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali sussiste per i soggetti che partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza.

Per i soci di società commerciali la condizione essenziale per far scattare l’obbligo contributivo nella gestione Artigiani/Commercianti è quella della partecipazione personale al lavoro aziendale.

Tuttavia, la sola percezione di utili derivanti da una mera partecipazione (senza lavoro) in società di capitali, non può far scattare il rapporto giuridico previdenziale, atteso che il reddito di capitale non rientra tra quelli costituzionalmente protetti, per il quale la collettività deve farsi carico della libertà dai bisogni (tra i quali rientra il diritto alla pensione al termine dell'attività lavorativa).

In sostanza, l'obbligo assicurativo sorge nei confronti dei soci di società a responsabilità limitata esclusivamente qualora gli stessi partecipino al lavoro dell'azienda con carattere di abitualità e prevalenza. Diversamente, la sola partecipazione a società di capitali, non accompagnata dalla relativa iscrizione contributiva da parte del socio e senza che emerga lo svolgimento di attività prevalente ed abituale all'interno dell'azienda, non può giustificare il meccanismo di imposizione contributiva prefigurato dall'INPS.

Gli utili derivanti dall'essere socio di capitale di società di capitali, come quelle in cui l’interessato aveva le proprie quote, non rientrano nella nozione di reddito di impresa di cui al Decreto legge 384/1992, atteso che gli stessi non afferiscono al reddito derivante da attività di impresa che dia titolo alla iscrizione alla Gestione commercianti.

12 ottobre 2020

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