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L’iscrizione nell’elenco dei lavoratori agricoli può essere disconosciuta dall’INPS.

Corte di Cassazione, sentenza 23883 del 2018.

La Corte d’Appello di Bari accoglieva la domanda proposta da un lavoratore al fine di far accertare il suo diritto alla re-iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli dai quali era stato a suo dire indebitamente cancellato.

La Corte affermava che, a fronte di una presunzione legale di legittimità della precedente iscrizione del lavoratore, i verbali di accertamenti INPS, in quanto elaborati con riferimento all’azienda ove il soggetto sarebbe stato impiegato e non alla persona del lavoratore, non avrebbero potuto considerarsi sufficienti per la disposta cancellazione.

L’INPS proponeva ricorso per cassazione.

Si contrappongono, in questi casi, la pretesa dell’iscritto nell’elenco dei lavoratori agricoli a rimanere tale, e l’obbligo dell’Istituto di imporre il rispetto della regola della effettività dell’attività connessa all’iscrizione assicurativa; si tratta di posizioni giuridiche non legate ad alcun interesse legittimo né ad alcuna discrezionalità amministrativa, giacché all’espletamento dell’attività agricola subordinata corrisponde il diritto all’iscrizione, senza alcuna ulteriore valutazione discrezionale da parte dell’amministrazione, per cui è evidente che non si possa inquadrare la fattispecie in esame nell’ipotesi della disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo.

L’iscrizione di un lavoratore nell’elenco dei lavoratori agricoli svolge una mera funzione ricognitiva della relativa situazione soggettiva e di agevolazione probatoria, che viene meno qualora l’INPS, a seguito di un controllo, disconosca l’esistenza del rapporto di lavoro, esercitando una propria facoltà con la conseguenza che, in tal caso, il lavoratore ha l’onere di provare l’esistenza, la durata e la natura onerosa del rapporto dedotto a fondamento del diritto all’iscrizione e di ogni altro diritto consequenziale di carattere previdenziale preteso.

Il rapporto giuridico assicurativo nei confronti dell’ente previdenziale sorge come diretta conseguenza di un’attività di lavoro, subordinata o autonoma svolta da un determinato soggetto. L’attività lavorativa, quindi, costituisce l’elemento essenziale per la nascita del rapporto. In taluni casi la legge prevede, tuttavia, per la nascita del rapporto, la presenza di ulteriori presupposti. Per il lavoro in agricoltura è necessario lo svolgimento di un minimo di giornate lavorative nell’anno che deve essere certificato dall’iscrizione negli elenchi nominativi di cui al R.D. 1949/1940. Tale provvedimento ha stabilito la compilazione per ogni comune di elenchi nominativi dei lavoratori subordinati dell’agricoltura, distinti per qualifiche, con il relativo compito di accertamento affidato dapprima a commissioni comunali, quindi attribuito agli Uffici provinciali SCAU (Servizio per i contributi agricoli unificati).

La disciplina è stata successivamente modificata dal D.L. 7/1970, che, tra l’altro, ha affidato la compilazione di detti elenchi a commissioni locali della mano d’opera agricola, appositamente costituite presso gli uffici locali di collocamento, poi sostituite da altri organi per effetto delle successive disposizioni che hanno apportato ulteriori modifiche al sistema di accertamento e riscossione dei contributi in agricoltura.

Allo SCAU è, poi, subentrato l’I.N.P.S. a norma del D.L. 510/1996.

Va tenuta presente la regola generale posta dall’articolo 2697 del codice civile, secondo cui l’onere della prova del fatto costitutivo del diritto grava su colui che agisce in giudizio per far valere una determinata pretesa nei confronti della controparte. Pertanto, il lavoratore che domandi l’erogazione della prestazione previdenziale deve dimostrare di avere esercitato un’attività di lavoro subordinato per un numero minimo di giornate nell’anno di riferimento e la prova deve essere sempre fornita mediante il documento che dimostra l’iscrizione negli elenchi nominativi (senza che possa essere impedito di dedurre ulteriori mezzi per fondare il convincimento del giudice), essendo tuttavia sempre possibile che la prestazione previdenziale venga chiesta in giudizio anche in assenza di iscrizione negli elenchi nominativi. In tal caso l’interessato, sul quale grava ogni onere probatorio, può chiedere contestualmente la declaratoria giudiziale del suo diritto a tale iscrizione ovvero chiedere che il relativo accertamento avvenga incidentalmente, al solo fine della pronuncia sulla prestazione previdenziale per cui agisce.

Se poi è vero che l’iscrizione negli elenchi ha la funzione di rendere certa la qualità di lavoratore agricolo, conferendole efficacia nei confronti dei terzi, la stessa non integra una prova legale, salvo che per quanto concerne la provenienza del documento stesso e i fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza o essere stati da lui compiuti, costituendo, alla stregua di qualsiasi altra attestazione proveniente dalla pubblica amministrazione, una risultanza processuale che deve essere liberamente valutata dal giudice.

Quando contesti l’esistenza dell’attività lavorativa o del vincolo della subordinazione, l’ente previdenziale ha l’onere di fornire la relativa prova, cui l’interessato può replicare mediante offerta, a sua volta, di altri mezzi di prova; con l’ulteriore conseguenza che, se la prova (contraria) viene data mediante la produzione in giudizio di verbali ispettivi, i quali, a loro volta, essendo attestazioni di fatti provenienti da organi della pubblica amministrazione, sono soggetti al medesimo regime probatorio per l’iscrizione negli elenchi, l’esistenza della complessa fattispecie deve essere accertata mediante la comparazione e il prudente apprezzamento di tutti i contrapposti elementi acquisiti alla causa.

Nel caso affrontato, la Suprema Corte ha valutato negativamente la decisione della Corte d’Appello in quanto ha ritenuto che l’iscrizione negli elenchi nominativi mantenga in sostanza una presunzione di legittimità che non potrebbe essere superata dall’ente previdenziale attraverso gli esiti ispettivi.

Da parte dell’INPS può, invece, essere offerta la prova contraria dell’esistenza del rapporto di lavoro risultante dagli elenchi anche mediante la produzione di verbale ispettivo dal quale l’Istituto trae elementi concreti a sostegno della denuncia del carattere simulato del rapporto di lavoro agricolo, derivanti dalla sussistenza di incongruenze tra le ore di lavoro denunciate dal datore di lavoro e le ore di lavoro agricolo necessarie all’attività, il che inficia le risultanze formali dell’iscrizione, imponendo la verifica dell’effettività del lavoro svolto dal bracciante.

L’iscrizione di un lavoratore nell’elenco dei lavoratori agricoli svolge, dunque, una funzione di agevolazione probatoria che viene meno qualora l’INPS, a seguito di un controllo, disconosca l’esistenza del rapporto di lavoro, esercitando una propria facoltà con la conseguenza che, in tal caso, il lavoratore ha l’onere di provare l’esistenza, la durata e la natura onerosa del rapporto dedotto a fondamento del diritto all’iscrizione e di ogni altro diritto consequenziale di carattere previdenziale.

25 febbraio 2019

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