L’assegno di divorzio in un’unica soluzione preclude l’accesso alla pensione di reversibilità.
Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 22434 del 2018.
La Corte di Appello di Messina negava il diritto ad una donna a percepire una quota della pensione di reversibilità dell'ex coniuge ritenendo ostativa la circostanza dell'avvenuto percepimento in unica soluzione dell'assegno divorzile.
In base alla legge 898/1970, al coniuge nei confronti del quale sia stata pronunciata la sentenza di scioglimento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili e che sia titolare dell'assegno di divorzio spetta il concorso sulla pensione di reversibilità, tenuto conto della durata del rapporto.
La Corte di Appello ha ritenuto che il requisito della titolarità dell'assegno deve essere attuale e cioè che al momento del sorgere del diritto alla pensione di reversibilità deve essere in atto una prestazione periodica in favore dell'ex coniuge.
Il presupposto per l'attribuzione della pensione di reversibilità è il venir meno di un sostegno economico che veniva apportato in vita dal coniuge o ex coniuge scomparso e la sua finalità è quella di sovvenire a tale perdita economica all'esito di una valutazione effettuata dal giudice in concreto che tenga conto della durata temporale del rapporto, delle condizioni economiche dei coniugi, dell'entità del contributo economico del coniuge deceduto e di qualsiasi altro criterio utilizzabile per la quantificazione dell'assegno di mantenimento. Anche la previsione, contenuta nella legge 898/1970, della condizione che l'ex coniuge non sia passato a nuove nozze conduce, del resto, a correlare il diritto alla pensione di reversibilità all'attualità della corresponsione dell'assegno divorzile.
Il problema dell'interpretazione dell'espressione testuale titolare dell'assegno di divorzio, di cui alla legge 898/1970, assume quindi una direzione univoca nel senso di valorizzare il significato della titolarità come condizione che vive e si qualifica nell'attualità. Se infatti la finalità del legislatore è quella di sovvenire a una situazione di deficit economico derivante dalla morte dell'avente diritto alla pensione, l'indice per riconoscere l'operatività in concreto di tale finalità è quello della attualità della contribuzione economica venuta a mancare; attualità che si presume per il coniuge superstite e che non può essere attestata che dalla titolarità dell'assegno, intesa come fruizione attuale di una somma periodicamente versata all'ex coniuge come contributo al suo mantenimento. Del resto l'espressione titolarità nell'ambito giuridico presuppone sempre la concreta e attuale fruibilità ed esercitabilità del diritto di cui si è titolari; viceversa, un diritto che è già stato completamente soddisfatto non è più attuale e concretamente fruibile o esercitabile, perché di esso si è esaurita la titolarità.
La corresponsione dell'assegno in unica soluzione preclude la proponibilità di qualsiasi successiva domanda di contenuto economico da parte del coniuge beneficiario dell'assegno una tantum senza che ciò equivalga a negare il carattere autonomo e di natura previdenziale del diritto dell'ex coniuge al concorso sulla pensione di reversibilità. Significa invece prendere atto che il diritto all'assegno divorzile è stato definitivamente soddisfatto e che non esiste alla morte dell'ex coniuge una situazione di contribuzione economica periodica e attuale che viene a mancare. Difetta pertanto il requisito funzionale del trattamento di reversibilità che è dato dal presupposto solidaristico finalizzato alla continuazione del sostegno economico in favore dell'ex coniuge. L'assegno di reversibilità non costituisce la mera continuazione post mortem dell'assegno di divorzio ma si giustifica con le stesse ragioni che giustificavano il sostegno economico all'ex coniuge, mediante la corresponsione dell'assegno divorzile; mentre il quantum, in caso di concorso con il diritto del coniuge superstite, sarà modulato sulla base della verifica giudiziale diretta ad accertare gli elementi che conducono a una ripartizione equa fra gli aventi diritto.
L'assegno periodico a carico dell'eredità ha un carattere di continuità strutturale e soggettiva con l'assegno divorzile che il diritto alla pensione di reversibilità non ha per la sua natura di prestazione previdenziale, essendo comunque finalizzato a tutelare il soggetto beneficiario di una situazione di contribuzione economica venuta meno con la morte dell'ex coniuge titolare di pensione. L'assegno a carico dell'eredità presuppone l'accertamento in concreto e la persistenza dello stato di bisogno. L'assegno di reversibilità è una prestazione previdenziale la cui attribuzione dipende dalla ricorrenza di una condizione legale graduata in funzione della persistenza del vincolo di condivisione affettiva ed economica con il lavoratore che beneficiava del trattamento pensionistico. Ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità, in favore del coniuge nei cui confronti è stato dichiarato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, dunque, la titolarità dell'assegno deve intendersi come titolarità attuale e concretamente fruibile dell'assegno divorzile, al momento della morte dell'ex coniuge, e non già come titolarità astratta del diritto all'assegno divorzile che è stato in precedenza soddisfatto con la corresponsione in un'unica soluzione.
22 ottobre 2018