Invalidità civile: dopo la revoca della prestazione è necessario proporre una nuova domanda.
Corte di Cassazione, sentenza 28445 del 2019.
La Corte di Appello di Napoli dichiarava improponibile la domanda proposta da un cittadino con ricorso teso al ripristino dell'assegno di invalidità civile, già riconosciuto con sentenza, che era stato revocato a seguito di visita di verifica effettuata dalla commissione medica.
La Corte di Cassazione, investita della controversia, ha richiamato il consolidato orientamento secondo il quale la domanda di ripristino della prestazione (sia essa determinata dalla negativa verifica della permanenza del requisito sanitario che di quello socio-economico), al pari di quelle concernenti il diritto ad ottenere per la prima volta prestazioni negate in sede amministrativa, non dà luogo ad un'impugnativa del provvedimento amministrativo di revoca, ma riguarda il diritto del cittadino ad ottenere la tutela che la legge gli accorda. Conseguentemente, il giudice è chiamato ad accertare se sussista, o meno, il diritto alla prestazione, verificandone le condizioni di esistenza alla stregua dei requisiti richiesti dalla legge, con riguardo alla legislazione vigente al momento della nuova domanda, trattandosi del riconoscimento di un nuovo diritto del tutto diverso, ancorché identico nel contenuto, da quello estinto per revoca. L'interessato, intendendo ottenere il ripristino della prestazione, è tenuto a presentare una nuova domanda amministrativa, condizione di proponibilità della domanda giudiziale, dovendosi altresì escludere che il venir meno di un requisito costitutivo del diritto comporti la mera sospensione del beneficio in godimento, in quanto il temporaneo venire meno di uno dei requisiti costitutivi comporta, secondo la regola generale, l'estinzione del diritto al godimento.
A meno che non sia prevista dalla legge la possibilità di una sospensione della prestazione, l'effetto non può che essere la perdita della prestazione medesima con decorrenza dalla medesima data, essendo l'istituto della sospensione previsto solo in casi tassativamente indicati.
Ove invece la sospensione non venga prevista, devesi ritenere che, una volta venuto meno uno dei requisiti costitutivi, da quel momento in avanti si estingue definitivamente il diritto alla prestazione.
Tale diritto può sorgere nuovamente in momento successivo, ma in tal caso occorre avere riguardo ai requisiti vigenti al momento della nuova domanda, non potendosi ipotizzare, per il solo fatto che una volta quel diritto sussisteva, la perpetuazione di quelli precedenti.
In tema di prestazioni previdenziali e assistenziali, la preventiva presentazione della domanda amministrativa costituisce un presupposto dell'azione, mancando il quale la domanda giudiziaria non è improcedibile, ma improponibile, determinandosi in tal caso una temporanea carenza di giurisdizione, rilevabile in qualsiasi stato e grado del giudizio.
Tale opzione ermeneutica risulta maggiormente rispettosa della finalità sottesa alle prestazioni assistenziali che induce a preferire soluzioni volte a riconoscere le prestazioni assistenziali solo in presenza di effettivi bisogni e a rifuggire da soluzioni suscettibili di creare ingiustificate disparità di trattamento nell'area di quanti dette prestazioni rivendicano, disparità che finirebbe per crearsi, con riferimento ai requisiti per usufruire delle stesse, tra coloro che chiedono per la prima volta dette prestazioni e quanti, invece, avendo di queste già goduto, ne pretendono un perdurante godimento pur in presenza di mutate, e più favorevoli, condizioni reddituali.
E’ la legge che obbliga l'amministrazione ad operare le verifiche sanitarie e reddituali e che regola senza margine alcuno di discrezionalità le conseguenze dell'accertamento negativo, con ciò imponendo alla stessa amministrazione un obbligo di conformazione a tali regole e, in ultima analisi, anche a provocare l'effetto estintivo del rapporto obbligatorio esistente.
Ove la verifica amministrativa, prevista obbligatoriamente dalla legge di settore come ordinariamente finalizzata ad accertare la permanenza dei requisiti sanitari e reddituali, si concluda con la revoca della prestazione, tale atto determina l'estinzione del diritto, senza possibilità di considerare come un unicum il precedente rapporto obbligatorio sorto dal riconoscimento del diritto ormai estinto, con la conseguenza della necessità di proporre una nuova domanda se l'interessato ritiene di trovarsi in situazione idonea.
Nulla vieta all'interessato, che ritenga infondata l'azione amministrativa di verifica dei presupposti per il mantenimento dell'erogazione del trattamento, di tutelare già in sede di sospensione il diritto alla prestazione (l'erogazione è appunto solo sospesa e il diritto non è ancora estinto), mediante tempestiva azione giudiziaria che si giustifica quanto ad interesse ad agire per l'indubbia attualità della lesione patrimoniale che deriverebbe dalla illegittimità della misura cautelativa e che non richiede alcuna nuova domanda amministrativa, essendo la sospensione prevista espressamente dalla legge.
Viceversa, ove la revoca sia stata effettivamente adottata, con il consequenziale definitivo effetto estintivo, l'interessato deve presentare una nuova domanda e ciò può avvenire anche il giorno successivo a quello in cui la revoca viene formalizzata e comunicata.
27 novembre 2019