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Infortuni sul lavoro: legittimazione dell'Organizzazione Sindacale a costituirsi parte civile nel processo penale.

Corte di Cassazione, sentenza 22558 del 2010.

Un operaio di una società con funzioni di gruista stava procedendo a mezzo di una autogrù al posizionamento di una trave metallica, quando si verificava un incidente che aveva come conseguenza il decesso del lavoratore.

Del fatto venivano chiamati a rispondere, il responsabile di produzione del datore di lavoro, delegato per sovraintendere alla sicurezza dei cantieri, ed il capocantiere, sub delegato a sovraintendere alle attività svolte nel cantiere; si contestava loro la colpa generica e specifica di aver consentito l’utilizzo della gru in cattivo stato di manutenzione, non rispondente alle misure di sicurezza e non assoggettata alle verifiche annuali; di averne consentito l’uso non in conformità delle istruzioni del fabbricante; di aver tollerato la prassi conto legge di armare le funi secondo lo schema diverso da quello previsto dal costruttore; di non aver adeguatamente informato e formato il gruista sui rischi connessi alla sua specifica attività.

Il giudice di primo grado riteneva sussistenti i predetti profili di colpa, imputabili sia al delegato alla produzione che al capocantiere. Il primo per non aver svolto le funzioni di vigilanza e controllo in materia di sicurezza, che gli competevano quale datore di lavoro della vittima, il secondo per mancanza della diretta sorveglianza sulla gru e sul gruista tanto più che era stato proprio lui ad avere inviato l’operaio a compiere il lavoro nel corso del quale decedeva.

Il tribunale li condannava alla pena di 10 mesi di reclusione ciascuno oltre al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile vedova del lavoratore deceduto cui assegnava una provvisionale di euro 200.000, nonché organizzazioni sindacali FIOM-CGIL, FIM-CISL EUILM-UIL, danno liquidato in euro15.000,00 per ciascuna.

La sentenza veniva integralmente confermata in grado di appello.

Gli imputati proponevano ricorso per cassazione. Oltre ai motivi attinenti strettamente ai profili della responsabilità penale, essi lamentavano la nullità dell'ordinanza di ammissione della costituzione di parte civile dei sindacati.

Gli articoli 91 e seguenti del codice di procedura penale prevedono una forma di intervento e partecipazione al processo penale sicuramente nuova, in quanto non conosciuta dal codice di rito previgente. Tale disposizione prevede che gli enti e le associazioni senza scopo di lucro ai quali, anteriormente alla commissione del fatto per cui si procede, sono state riconosciute, in forza di legge, finalità di tutela degli interessi lesi dal reato, possono esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato

Tale strumento processuale non è esaustivo delle facoltà riconosciute ad enti e associazioni rappresentativi degli interessi lesi dal reato; si tratta di una modalità di partecipazione al processo ulteriore rispetto alla costituzione di parte civile, che resta pienamente possibile e consentita nei limiti di quanto stabilito dagli articoli 74 e 185 del codice di procedura penale; ciò è confermato dalla disposizione dell’articolo 212 delle disposizioni attuative del codice di procedura penale il cui senso è quello di ricondurre la possibilità di costituzione di parte civile, eventualmente consentita da disposizione previgenti, al rispetto dei limiti di cui al predetto articolo 74.

Né può diversamente ritenersi a seguito della espressa previsione contenuta nell’articolo 61 del D. Lgs. 81/2008 che attribuisce alle organizzazioni sindacali e alle associazioni delle vittime dei familiari delle vittime di infortuni sul lavoro la facoltà di esercitare i diritti e le facoltà della persona offesa, trattandosi di una previsione che non modifica il quadro generale delle possibilità di partecipazione al processo, ma si limita a riconoscere a determinati soggetti, tra cui anche i sindacati, il potere di intervenire nel processo a prescindere dai requisiti stabiliti dal codice di rito.

La questione della legittimazione a costituirsi parte civile nel procedimento penale promosso per un reato che si concreta nell’essere stata cagionata la morte o lesioni personali ad un lavoratore subordinato con inosservanza delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, si inquadra nel più generale tema del riconoscimento della tutela degli interessi collettivi e diffusi e della azionabilità di posizioni giuridiche soggettive non rientranti nella tradizionale nozione di diritto soggettivo.

Riferimento fondamentale è l’articolo 74 del codice di procedura penale, a norma del quale l’azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno di cui all’articolo 185 del codice penale può essere esercita dal soggetto al quale il reato ha recato danno ovvero dai suoi successori universali, nei confronti dell’imputato e del responsabile civile. La norma ha chiarito che sono legittimate non solo le persone fisiche e giuridiche ma anche soggetti non personificati, come appunto è il sindacato che ha natura giuridica di associazione non riconosciuta.

La questione della legittimazione alla costituzione di parte civile si risolve dunque nella individuazione del soggetto al quale il reato ha recato danno e dei requisiti del danno risarcibile.

Nel quadro di una vasta apertura verso la tutelabilità di sempre più ampie posizioni soggettive, si è sviluppato un orientamento favorevole al riconoscimento della possibilità di costituzione di parte civile degli enti collettivi.

Gli enti e le associazioni sono legittimati all’azione risarcitoria, anche in sede penale mediante costituzione di parte civile, ove al reato abbiano ricevuto un danno a un interesse proprio, sempreché l’interesse leso coincida con un diritto reale o comunque con un diritto soggettivo del sodalizio, e quindi anche se offeso sia l’interesse perseguito in riferimento a una situazione storicamente circostanziata, da esso sodalizio preso a cuore e assunto nel statuto a regione stessa della propria esistenza e azione, come tale oggetto di un diritto assoluto ed essenziale dell’ente. Ciò sia a causa dell’immedesimazione fra l’ente stesso e l’interesse perseguito, sia a causa dell’incorporazione fra i soci ed il sodalizio medesimo, sicché questo, per l’affectio societatis verso l’interesse prescelto e per il pregiudizio a questo arrecato, patisce un’offesa e perciò anche un danno non patrimoniale dal reato. Sulla base della rivalutazione degli interessi solidaristici e partecipativi riconosciuti dalla Costituzione, la Corte di Cassazione ha ribadito la tutelabilità degli interessi collettivi ed ha affermato che il riconoscimento di un diritto soggettivo in capo al soggetto che degli stessi è portatore può discendere dalla diretta assunzione di esso da parte dell’ente che ne ha fatto oggetto della propria attività, diventando lo scopo specifico dell’associazione.

In diversi casi, il riconoscimento della legittimazione a costituirsi parte civile è stato motivato ritenendo che l’ente, per il proprio sviluppo storico, per l’attività da esso concretamente svolta e la posizione assunta, avesse fatto proprio, quale fine primario, quello della tutela di interessi coincidenti con quelli lesi o posti in pericolo dallo specifico reato considerato, derivando da tale immedesimazione una posizione di diritto soggettivo che lo legittimava a chiedere il risarcimento dei danni da tale reato anche ad esso derivanti.

Con specifico riferimento alla legittimazione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori per i reati che costituiscono violazione della integrità fisica dei lavoratori, la Suprema Corte ha ritenuto ammissibile, senza il limite della iscrizione, la costituzione di parte civile dei sindacati nei procedimenti per reati di omicidio o lesioni colpose commesse con violazione della normativa antinfortunistica, dovendosi ritenere che l’inosservanza di tale normativa nell’ambito dell’ambiente di lavoro possa cagionare un autonomo e diretto danno, patrimoniale o non patrimoniale, ai sindacati per la perdita di credibilità all’azione dagli stessi svolta.

Il sindacato annovera tra le proprie finalità la tutela delle condizioni di lavoro intese non soltanto nei profili collegati alla stabilità del rapporto e agli aspetti economici dello stesso, oggetto principale e specifico della contrattazione collettiva, ma anche per quanto attiene la tutela delle libertà individuali e dei diritti primari del lavoratore tra i quali quello, costituzionalmente riconosciuto, della salute.

La tutela delle condizioni di lavoro con riferimento alla sicurezza dei luoghi di lavoro e di prevenzione delle malattie professionali costituisce sicuramente uno dei compiti delle organizzazioni sindacali.

Questa attribuzione di compiti e responsabilità significa per il sindacato il riconoscimento ed al tempo stesso la conferma di una posizione tutelabile attraverso la costituzione di parte civile.

Nella caso affrontato, l’infortunio si è verificato a cagione della scarsa attenzione posta dal datore di lavoro al problema della sicurezza dei dipendenti, dell’ambiente di lavoro, della manutenzione dei mezzi affidati alla guida dei gruisti. L’infortunio mortale si è potuto verificare proprio a seguito ed in stretta dipendenza con questa scarsa effettiva considerazione della questione.

La condotta degli imputati ha colpito direttamente anche la funzione di tutela e controllo assegnata ai sindacati.

La Suprema Corte ha, quindi, ritenuto fondato il diritto alla costituzione di parte civile riconosciuto ai tre sindacati e la liquidazione del relativo danno.

28 settembre 2018

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