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Incostituzionale il prelievo operato sulle pensioni di maggiore importo

Corte Costituzionale, sentenza n. 116 del 2013.

La sentenza riguarda la legge 111/2011 che, per un periodo compreso tra il 2011 ed il 2014, ha disposto che i trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, i cui importi superassero 90.000 euro, fossero assoggettati a un contributo di perequazione del 5% della parte eccedente l’importo fino a 150.000 euro, pari al 10% per la parte eccedente 150.000 euro e al 15% per la parte eccedente 200.000 euro.  La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata di fronte alla Consulta dalla Corte dei conti, sezione per la Campania. La sentenza della Corte Costituzionale stabilisce che il contributo è da qualificarsi come tributo perché comporta una decurtazione patrimoniale definitiva del reddito pensionistico connessa alla acquisizione al bilancio statale del relativo ammontare. Secondo la Corte, dal punto di vista della soddisfazione del principio di uguaglianza e dell’adeguamento alla capacità contributiva, tali contributi di solidarietà e perequativi resi necessari da esigenze di stabilizzazione finanziaria devono essere il più possibile generali.  La decurtazione oggetto dell'esame della Corte Costituzionale è stato ritenuta illegittima illegittima, dunque, per violazione degli articoli 3 (principio di uguaglianza) e 53 della Costituzione (tutti i cittadini sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva, il sistema tributario è ispirato a criteri di progressività). Il legislatore non può scegliere tra tipi di interventi perequativi solidaristici, optando per quello più particolare, in quanto questo è più esposto a vizi di arbitrarietà e irragionevolezza. Il legislatore deve favorire interventi che abbiamo sempre il carattere della universalità. Gli interventi “di solidarietà” che colpiscono una sola categoria sono tendenzialmente irragionevoli ed ingiusti perché il legislatore deve rispettare i principi di eguaglianza dei cittadini e di solidarietà economica, calibrando gli interventi impositivi in modo generale. La Corte Costituzione precisa, poi, che la pensione è retribuzione differita e costituisce un reddito da considerare consolidato perché risultato finale di fattispecie ormai formatesi completamente e irreversibilmente per l’esaurimento del rapporto di lavoro. Mentre la retribuzione è componente di un rapporto ancora in corso, che è possibile modulare, ovvero adeguare con evoluzioni e cambiamenti e recuperi, la pensione è risultato finale di situazioni oramai irretrattabili. Secondo la Corte, modificare in peggio il trattamento pensionistico è quasi sempre discriminatorio perché vi è una definitiva lesione dell’affidamento nella percezione della prestazione.
 

23/06/2013

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