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In caso di mobilità volontaria, è escluso che il dipendente, la cui domanda di mobilità sia stata accolta in relazione ad una specifica vacanza verificatasi nell’ente di destinazione, possa contestare a passaggio avvenuto l’inquadramento riconosciutogli.

Corte di Cassazione, sentenza 24487 del 2021.

La Cassazione ha rigettato il ricorso di un lavoratore avverso la sentenza della Corte di Appello di Campobasso, che aveva confermato il rigetto della domanda del medesimo, dipendente prima di un Ente Regionale e poi trasferito nei ruoli dell’INPS, tesa ad ottenere l’inquadramento nel superiore livello del contratto collettivo in quanto proveniente da livello superiore rispetto a quello in cui era stato inquadrato all’atto del trasferimento presso l’INPS.

In particolare, la Corte di Appello aveva evidenziato che il passaggio del lavoratore presso l’INPS non avesse comportato alcun detrimento sotto il profilo dell’inquadramento né alcuna perdita retributiva o qualsivoglia danno. Per i giudici del merito, infatti, in caso di passaggio tra Pubbliche Amministrazioni, al dipendente compete soltanto l’esatto inquadramento e la concreta disciplina del rapporto di lavoro (non il medesimo o equivalente inquadramento). Sulla base di questa valutazione, la Corte di Appello, quindi, ha ritenuto che vi fosse una sostanziale corrispondenza delle mansioni di inquadramento presso l’INPS rispetto a quelle possedute dal lavoratore nell’amministrazione di provenienza.

Avverso la sentenza il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione denunciando che, in caso di mobilità volontaria, si realizza un’ipotesi di cessione del contratto per cui il dipendente ha diritto al corretto inquadramento e, per il futuro, alla disciplina giuridica ed economica dell’amministrazione cessionaria. Il lavoratore, inoltre, ha assunto che, nella specie, il raffronto doveva essere eseguito tra i diversi inquadramenti delle declaratorie professionali del contratto collettivo nazionale del comparto Regioni Autonomie Locali, posseduto dall’interessato prima del passaggio all’INPS, e del Comparto Enti Pubblici non economici cui fa riferimento l’INPS.

La Suprema Corte, analizzando l’istituto della mobilità volontaria, ha affermato che, dall’accoglimento della domanda di passaggio ad altra amministrazione con inquadramento nella qualifica corrispondente, non discende il diritto per il dipendente ad ottenere il superiore inquadramento, neppure in ragione della qualifica superiore acquisita nell’Amministrazione di provenienza nelle more del passaggio stesso, atteso che il passaggio è chiesto ed avviene proprio in ragione di una disponibilità creatasi nell’organico dell’Amministrazione di destinazione nella qualifica prevista. La domanda di passaggio, dunque, non può essere scissa dalla qualifica per cui è chiesta in ragione delle disponibilità palesate dall’Amministrazione di destinazione.

La Cassazione, quindi, ha escluso che il dipendente, la cui domanda di mobilità sia stata accolta in relazione ad una specifica vacanza verificatasi nell’ente di destinazione, possa poi contestare a passaggio già avvenuto l’inquadramento riconosciutogli e pretendere di rimanere all’interno dell’ente di destinazione con un diverso e superiore profilo professionale percependo le relative differenze retributive, altrimenti l’amministrazione di destinazione si vedrebbe imposto un rapporto di lavoro relativo ad una posizione diversa da quella vacante, per la quale aveva ritenuto di doversi avvalere della mobilità.

La Suprema Corte, dunque, analizzando il caso specifico, ha osservato che la domanda di mobilità volontaria era stata proposta dal lavoratore per ricoprire un posto vacante in organico presso l’INPS inquadrato in un determinato livello, rendendo infondata la pretesa di vedersi attribuito l’inquadramento superiore.

4 novembre 2021

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