In caso di mansioni promiscue, per l’individuazione del livello della declaratoria professionale, si considera la mansione maggiormente significativa.
Corte di Cassazione, sentenza 2969 del 2021.
Un dipendente di una società adiva il Tribunale di Roma ed esponeva di aver svolto, benché inquadrato nel sesto livello, mansioni proprie del superiore livello settimo del ccnl di settore per un certo periodo e chiedeva la condanna della società datrice di lavoro al pagamento delle differenze retributive spettanti.
Il Tribunale e la Corte di Appello rigettavano queste domande. Secondo la Corte di Appello, in particolare, dalle allegazioni svolte dal lavoratore, era desumibile che le funzioni svolte, seppur direttive e complesse, connotavano per lo più la piena compatibilità col livello di inquadramento all'epoca riconosciuto.
Il lavoratore proponeva ricorso per cassazione.
La Suprema Corte ha rilevato che nella motivazione della Corte di Appello, manca una puntuale enunciazione delle declaratorie contrattuali, degli elementi distintivi di ciascun inquadramento, delle attività lavorative concretamente svolte, e del raffronto tra i risultati di tali due indagini. Ciascuno dei suddetti momenti di ricognizione e valutazione deve, invece, trovare ingresso nel ragionamento decisorio, sia pur implicitamente. Tale sequenza non appare enunciata dalla Corte di Appello, nè risultano esplicate le ragioni per le quali è stato ritenuto legittimo l'inquadramento del lavoratore nel livello posseduto, sia pure in base alla nozione di preminenza, giacché anche l'adozione di tale criterio valutativo presuppone comunque la compiuta enunciazione delle mansioni contrattualmente previste nelle declaratorie dei singoli inquadramenti, cui raffrontare le mansioni in concreto espletate.
La Corte di Appello, nel calibrare il giudizio sul riconoscimento delle mansioni superiori, pur deducendo che il presupposto per il riconoscimento delle mansioni superiori è dato non solo dalla qualità ma anche alla quantità del lavoro, ha dedotto che in tal senso le mansioni superiori devono essere intese come prevalenti; così dando rilievo ad una nozione di prevalenza essenzialmente orientata sul versante quantitativo.
In caso di mansioni promiscue, invece, ove la contrattazione collettiva non preveda una regola specifica per l'individuazione della categoria di appartenenza del lavoratore, la prevalenza, a questo fine, non va determinata sulla base di una mera contrapposizione quantitativa delle mansioni svolte, bensì tenendo conto, in base alla reciproca analisi qualitativa, della mansione maggiormente significativa sul piano professionale, purché non espletata in via sporadica od occasionale.
Pur non vigendo nell'ordinamento, inoltre, un principio di parità di trattamento in tema di valutazione della correttezza dell'inquadramento riconosciuto nell'assetto aziendale, il potere del capo dell'impresa di organizzare i mezzi di produzione secondo le modalità ritenute più opportune, non consente di attribuire un inquadramento inferiore a quello previsto dalle disposizioni del contratto collettivo in relazione alle mansioni svolte.
29 settembre 2021