Impianti audiovisivi in azienda: il consenso dei lavoratori all’apposizione delle telecamere non sana la mancata autorizzazione della DTL.
Corte di Cassazione, sentenza 22148 del 2017.
Il Tribunale di Terni aveva condannato in sede penale l'amministratrice di una società perché aveva installato un impianto di videoripresa, senza accordo stipulato con le rappresentanze sindacali e senza l’autorizzazione della direzione territoriale del lavoro.
L'interessata proponeva ricorso per cassazione, sostendo che l'insussistenza del reato nel caso in cui sia riscontrato il consenso da parte dei lavoratori interessati.
I testimoni, in effetti, avevano affermato di essere stati consapevoli della presenza delle telecamere e di aver prestato consenso all’apposizione delle stesse.
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.
In tema di divieto di uso di impianti audiovisivi dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, sussiste continuità di tipo di illecito tra la previgente fattispecie e quella attuale rimodulata dal Jobs Act.
Anche la nuova disposizione ribadisce la necessità che l’installazione di apparecchiature (da impiegare esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale ma dalle quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori) sia preceduta da un accordo tra parte datoriale e rappresentanze sindacali dei lavoratori. Se l'accordo non è raggiunto, il datore di lavoro deve far precedere l’installazione dalla richiesta di un provvedimento autorizzativo da parte della Direzione territoriale del lavoro. In mancanza di accordo o del provvedimento alternativo di autorizzazione, l’installazione dell’apparecchiatura è illegittima e penalmente sanzionata.
Il consenso prestato dai lavoratori non vale a scriminare la condotta del datore di lavoro che abbia installato i predetti impianti in violazione delle prescrizioni.
La norma tutela interessi di carattere collettivo e superindividuale.
La condotta datoriale, che pretermette l’interlocuzione con le rappresentanze sindacali unitarie o aziendali procedendo all’installazione degli impianti dai quali possa derivare un controllo a distanza dei lavoratori, produce l’oggettiva lesione degli interessi collettivi di cui le rappresentanze sindacali sono portatrici, in quanto deputate a riscontrare, essendo titolari ex lege del relativo diritto, se gli impianti audiovisivi, dei quali il datore di lavoro intende avvalersi, abbiano o meno, da un lato, l’idoneità a ledere la dignità dei lavoratori per la loro potenzialità di controllo a distanza, e di verificare, dall’altro, l’effettiva rispondenza di detti impianti alle esigenze tecnico-produttive o di sicurezza in modo da disciplinarne, attraverso l’accordo collettivo, le modalità e le condizioni d’uso e così liberare l’imprenditore dall’impedimento alla loro installazione.
L’assenso delle rappresentanze sindacali è previsto per legge come uno dei momenti essenziali della procedura sottesa all’installazione degli impianti, derivando da ciò l’inderogabilità e la tassatività sia dei soggetti legittimati e sia della procedura autorizzativa.
La ragione, per la quale l’assetto della regolamentazione di tali interessi è affidato alle rappresentanze sindacali o, in ultima analisi, ad un organo pubblico, risiede nella considerazione della configurabilità dei lavoratori come soggetti deboli del rapporto di lavoro.
La diseguaglianza di fatto e quindi l’indiscutibile e maggiore forza economico – sociale dell’imprenditore, rispetto a quella del lavoratore, dà conto della ragione per la quale la procedura codeterminativa sia da ritenersi inderogabile, potendo alternativamente essere sostituita dall’autorizzazione della direzione territoriale del lavoro, ma non dal consenso dei singoli lavoratori, poiché basterebbe al datore di lavoro fare firmare a costoro, all’atto dell’assunzione, una dichiarazione con cui accettano l’introduzione di qualsiasi tecnologia di controllo per ottenere un consenso viziato dal timore della mancata assunzione.
Non ha rilevanza il consenso scritto o orale concesso dai singoli lavoratori, in quanto la tutela penale è apprestata per la salvaguardia di interessi collettivi.
La protezione di siffatti interessi collettivi, riconducibili nel caso di specie alla tutela della dignità dei lavoratori sul luogo di lavoro, non viene meno in caso di mancato accordo tra rappresentanze sindacali e datore di lavoro, dovendo quest’ultimo comunque rimuovere l’impedimento alla installazione degli impianti attraverso il rilascio di un’autorizzazione che rientra nelle competenze di un organo pubblico, cui spetta di controllare l’interesse datoriale alla collocazione degli impianti nei luoghi di lavoro per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale.
16 maggio 2017