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Illegittimità costituzionale dell’autonoma fattispecie di responsabilità amministrativa dei pubblici dipendenti inerente il danno all’immagine da falsa attestazione della presenza in servizio.

Corte Costituzionale, sentenza 61 del 2020.

Il danno all’immagine, frutto di un’elaborazione giurisprudenziale come categoria particolare del danno erariale, ha trovato una sua normazione con il decreto legge 78/2009. Tale norma dispone che le procure della Corte dei conti esercitano l’azione per il risarcimento del danno all’immagine nei soli casi e nei modi previsti; la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti per i delitti contro la pubblica amministrazione deve essere comunicata al competente procuratore regionale della Corte dei conti affinché promuova l’eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale nei confronti del condannato. Tale fattispecie è stata identificata come danno derivante dalla lesione del diritto all’immagine della Pubblica. Il legislatore ha inteso circoscrivere oggettivamente i casi in cui è possibile chiedere il risarcimento del danno in presenza della lesione dell’immagine dell’amministrazione imputabile a un dipendente. Al di fuori delle ipotesi tassativamente previste di responsabilità per danni all’immagine dell’ente pubblico di appartenenza, non è configurabile siffatto tipo di tutela risarcitoria.

Successivamente, il decreto legislativo 174/2016 (Codice di giustizia contabile), abrogando la precedente normativa, ha previsto che la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché degli organismi e degli enti da esse controllati, per i delitti commessi a danno delle stesse, è comunicata al competente procuratore regionale della Corte dei conti affinché promuova l’eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale nei confronti del condannato.

Relativamente alla particolare fattispecie del danno all’immagine prodotto in conseguenza di indebite assenze dal servizio, la legge 15/2009 (Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico), ha stabilito che l’esercizio della delega è finalizzato a modificare la disciplina delle sanzioni disciplinari e della responsabilità dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche e che, nell’esercizio della delega, il Governo si deve attenere ai principi e criteri direttivi, tra cui, prevedere, a carico del dipendente responsabile, l’obbligo del risarcimento del danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché del danno all’immagine subìto dall’amministrazione.

In attuazione di detta delega, il decreto legislativo 150/2009 ha introdotto nel decreto legislativo 165/2001 l’articolo 55-quinquies (False attestazioni o certificazioni), secondo cui, fermo quanto previsto dal codice penale, il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 400 ad euro 1.600. Il lavoratore, ferme la responsabilità penale e disciplinare e le relative sanzioni, è obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno all’immagine subiti dall’amministrazione.

In seguito, la legge 124/2015 ha delegato il Governo ad adottare decreti legislativi di semplificazione anche nel settore del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. La legge 124/2015 ha previsto che i decreti legislativi per il riordino della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze devono essere adottati nel rispetto di diversi criteri direttivi, tra cui l’introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti.

In attuazione di tale delega, il decreto legislativo 116/2016 ha inserito il comma 3-quater all’art. 55-quater del decreto legislativo 165/2001, il quale prevede che, nel caso in cui la falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, sia accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, la denuncia al pubblico ministero e la segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei conti avvengono entro quindici giorni dall’avvio del procedimento disciplinare. La procura della Corte dei conti, quando ne ricorrono i presupposti, emette invito a dedurre per danno d’immagine entro tre mesi dalla conclusione della procedura di licenziamento. L’ammontare del danno risarcibile è rimesso alla valutazione equitativa del giudice anche in relazione alla rilevanza del fatto per i mezzi di informazione e comunque l’eventuale condanna non può essere inferiore a sei mensilità dell’ultimo stipendio in godimento.

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della legge 124/2015, nella parte in cui prevede che il Governo adotti i relativi decreti legislativi attuativi previo parere in sede di Conferenza unificata, anziché previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.

In seguito, il Governo, nell’ambito dei decreti legislativi adottati dopo aver acquisito l’intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, al fine di porre rimedio al vizio accertato dalla Corte costituzionale, con il decreto legislativo 118/2017 ha previsto modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 116/2016.

Infine, con il decreto legislativo 75/2017 è stato modificato anche l’art. 55-quinquies del decreto legislativo 165/2001, stabilendo che il danno all’immagine subito dall’amministrazione sia lo stesso di cui all’articolo 55-quater, comma 3-quater, in tal modo uniformando pro futuro la fattispecie del danno all’immagine considerata dai due articoli.

L’ulteriore fattispecie di danno erariale introdotta, enucleata da quella più generale già prevista dall’art. 55-quater, presenta indubbi aspetti peculiari, in ragione del venir meno della cosiddetta pregiudizialità penale, in quanto sono dettate disposizioni che impongono al Procuratore presso la Corte dei conti di agire sollecitamente entro ristrettissimi tempi, senza attendere né l’instaurazione del processo penale né la sentenza che lo definisce, nonché della predeterminazione legislativa di criteri per la determinazione del danno in via equitativa, salva la fissazione di un minimo risarcibile pari a sei mensilità dell’ultimo stipendio percepito dal responsabile.

A differenza di quanto avvenuto con la precedente legge 15/2009, laddove il legislatore aveva espressamente delegato il Governo a prevedere, a carico del dipendente responsabile, l’obbligo del risarcimento sia del danno patrimoniale che del danno all’immagine subìti dall’amministrazione, tanto non si rinviene nella legge di delegazione 124/2015. L’articolo 17 di detta legge prevede unicamente l’introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti, finalizzate ad accelerare e rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l’esercizio dell’azione disciplinare. Quindi, la materia delegata è unicamente quella attinente al procedimento disciplinare, senza che possa ritenersi in essa contenuta l’introduzione di nuove fattispecie in materia di responsabilità amministrativa. Non può dunque ritenersi compresa la materia della responsabilità amministrativa e, in particolare, la specifica fattispecie del danno all’immagine arrecato dalle indebite assenze dal servizio dei dipendenti pubblici. La disposizione introdotta prevede, invece, una nuova fattispecie di natura sostanziale intrinsecamente collegata con l’avvio, la prosecuzione e la conclusione dell’azione di responsabilità da parte del procuratore della Corte dei conti.

Applicando ad essa il criterio di stretta inerenza alla delega precedentemente enunciato, risulta inequivocabile il suo contrasto con l’articolo 76 della Costituzione La Corte costituzionale ha, dunque, dichiarato, illegittimi il secondo, terzo e quarto periodo del comma 3-quater dell’articolo 55-quater del decreto legislativo 165/2001, come introdotto dal decreto legislativo 116/2016.

14 maggio 2020

 

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