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Illegittima la riduzione della pensione di reversibilità per età del coniuge ed durata del matrimonio.

Corte Costituzionale, sentenza 174 del 2016

Una donna, coniuge superstite, più giovane di oltre vent'anni del proprio marito ultrasettantenne deceduto, conveniva in giudizio l'Inps innanzi poiché l'istituto previdenziale le negava l'integrità della pensione di reversibilità di cui era titolare il congiunto deceduto in virtù dell'articolo 18 del decreto legge 98/2011.

Tale normativa prevedeva per le pensioni decorrenti dal gennaio 2012 una riduzione percentuale dell'aliquota pensionistica a favore dei superstiti del pensionato nei casi in cui il matrimonio con il dante causa fosse stato contratto ad età del medesimo superiori a settanta anni e la differenza di età tra i coniugi superiore a vent'anni.

Nel caso affrontato, ricorrevano i presupposti per la decurtazione prevista dalla legge perché l'interessato aveva sposato un uomo settantenne e la differenza di età era superiore a vent'anni.

L’Autorità Giudiziaria poneva la questione di legittimità innanzi alla Corte Costituzionale.

L’ordinamento configura la pensione di reversibilità come una forma di tutela previdenziale. Il trattamento di reversibilità risponde alle prescrizioni costituzionali quale retribuzione differita e strumento idoneo a garantire un’esistenza libera e dignitosa.

La pensione di reversibilità risponde ad una peculiare esigenza solidaristica: mira a tutelare la continuità del sostentamento ed a prevenire lo stato di bisogno che può derivare dalla morte del coniuge.

La presunzione, sottesa alla disposizione normativa contestata, che i matrimoni contratti da chi abbia più di settanta anni con una persona di venti anni più giovane traggano origine dall’intento di frodare l’erario è fortemente dissonante, secondo la Corte Costituzionale, con il costume sociale. La disposizione è in contrasto con il fine solidaristico della prestazione di reversibilità.

La violazione ai diritti previdenziali del coniuge superstite appare evidente in una normativa che subordina tali diritti alla circostanza, del tutto accidentale ed eccentrica rispetto alla primaria finalità di protezione del coniuge, che vi siano figli minori, studenti o inabili all’epoca del sorgere del diritto del coniuge.

La Corte Costituzionale ha, quindi, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 18, comma 5, del decreto legge 98/2011.

23 luglio 2016

 

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