Il potere del dirigente pubblico di organizzare autonomamente il godimento delle proprie ferie non comporta automaticamente la perdita del diritto all’indennità sostitutiva delle ferie.
Corte di Cassazione, sentenza 18140 del 2022.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso di un lavoratore, già dirigente di una struttura complessa presso un’Azienda Ospedaliera, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo che aveva rigettato la domanda con cui aveva agito rivendicando il diritto all’indennità per ferie non godute all’atto della cessazione del rapporto.
La domanda del lavoratore era stata integralmente respinta dalla Corte d’Appello di Palermo, che aveva ritenuto, in ordine alle ferie, che, avendo il lavoratore piena autonomia nell’organizzazione delle proprie ferie, stante l’assenza di prova di esigenze riconducibili alla situazione endemica di insufficienza di organico, la pretesa non potesse trovare accoglimento.
Il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione rilevando come, sebbene la contrattazione collettiva prevedesse il diritto alla monetizzazione delle ferie ancora non godute alla cessazione del rapporto, la Corte di merito, pur avendo accertato l’esistenza di una endemica carenza di organico, avesse poi ritenuto di disattendere la domanda.
La Suprema Corte ha ritenuto opportuno dare continuità al principio secondo cui il dirigente che, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, non abbia fruito delle ferie, ha diritto a un'indennità sostitutiva, a meno che il datore di lavoro dimostri di averlo messo nelle condizioni di esercitare il diritto in questione prima di tale cessazione, mediante un'adeguata informazione nonché, se del caso, invitandolo formalmente a farlo. La Corte di Cassazione ha sottolineato la decisiva influenza della normativa e della giurisprudenza europea secondo cui deve essere disapplicata la normativa nazionale per cui il lavoratore che non ha chiesto di poter esercitare il diritto alle ferie annuali retribuite perde automaticamente tale diritto. La Corte di Giustizia, in particolare, ha più volte sottolineato che, al fine di assicurare che il lavoratore sia stato messo effettivamente nelle condizioni di esercitare il proprio diritto alle ferie, è necessariamente da accertare che il lavoratore sia invitato, se necessario formalmente, a fruire delle ferie con l’esplicito contestuale avviso della perdita del diritto in caso di mancata fruizione.
La Suprema Corte ha osservato la manifesta erroneità dell’argomentazione della Corte d’Appello, che, invece, aveva valorizzato il potere del lavoratore di organizzare le proprie ferie, vanificando il diritto alla monetizzazione, pur a fronte di un accumulo esorbitante di ferie non godute ed un’accertata situazione di endemica insufficienza di organico. L’analisi del giudice di merito doveva muovere, invece, dalla verifica di che cosa sia stato fatto dal datore di lavoro perché quelle ferie fossero godute e quali fossero i rapporti tra l’endemica insufficienza di organico, evidentemente non imputabile al lavoratore, e la necessità di assicurare la prosecuzione del servizio.
22 luglio 2022