Il lavoratore con orario a tempo parziale verticale ciclico ha diritto all'inclusione dei periodi non lavorati ai fini dell’acquisizione del diritto alla pensione. Vittoria in Tribunale per lo Studio Legale Carozza.
Tribunale di Torre Annunziata, sentenza 2525 del 2018.
Un lavoratore alle dipendenze della Unilever era stato impiegato per diversi anni dalla società con contratto di lavoro con orario a tempo parziale ciclico verticale di 8 ore al giorno per soli 8 mesi durante ogni anno.
Il rapporto di lavoro a tempo parziale è l’attività lavorativa a carattere subordinato che si svolge con orario ridotto rispetto a quello a tempo pieno per periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell’anno.
Il rapporto di lavoro a tempo parziale verticale prevede l’articolazione della prestazione lavorativa solo su alcuni giorni della settimana; il lavoro a tempo parziale verticale ciclico, invece, prevede l’articolazione della prestazione lavorativa solo su alcuni giorni del mese o di determinati periodi dell’anno.
Al lavoratore era stata attribuita presso la gestione INPS di competenza un'anzianità contributiva corrispondente ai soli mesi lavorati ovvero per soli 8 mesi invece dei 12 dell’intero anno.
Il lavoratore era interessato al riconoscimento di un'anzianità contributiva piena pari a tutte le 52 settimane per ciascun anno di lavoro svolto in regime di tempo parziale ciclico verticale.
Veniva, dunque, promosso ricorso giudiziario con cui veniva chiesto al Tribunale di dichiarare il diritto del dipendente al riconoscimento dell'anzianità contributiva per tutte le 52 settimane dell’anno invece che per le sole settimane dei mesi di effettivo lavoro, per i periodi svolti con orario a tempo parziale ciclico.
Il Tribunale di Torre Annunziata ha accolto il ricorso ed ha condannato l’INPS a riconoscere al lavoratore l’anzianità contributiva piena anche per il periodo di lavoro svolto a tempo parziale verticale ciclico.
Il lavoro a tempo parziale è oggetto della Direttiva 97/81/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dalle organizzazioni intercategoriali UNICE-Unione delle Confederazioni dell’Industria e dei datori di lavoro dell’Europa, dal CEEP-Centro Europeo delle Imprese a partecipazione statale e dalla CES-Confederazione Europea dei Sindacati.
Il testo della direttiva contiene 6 clausole, riguardanti oggetto, campo di applicazione, definizioni, principio di non discriminazione, possibilità di lavoro a tempo parziale e disposizioni per l’attuazione. La direttiva ha l’obiettivo di assicurare la soppressione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e di migliorare la qualità del lavoro a tempo parziale.
La direttiva 97/81/CE è direttamente applicabile, quale fonte del diritto, in Italia stante la natura di ente pubblico dell’INPS e la posizione di preminenza delle fonti comunitarie rispetto a quelle nazionali.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affermato che la clausola 4 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale allegato alla direttiva del Consiglio 97/81/CE deve essere interpretata, con riferimento alle pensioni, nel senso che osta a una normativa nazionale la quale, per i lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico, escluda i periodi non lavorati dal calcolo dell'anzianità contributiva necessaria per acquisire il diritto alla pensione. Nell'ipotesi in cui il giudice nazionale giunga a concludere che la normativa nazionale sia incompatibile con la clausola 4 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale allegato alla direttiva 97/81, le clausole di quest'ultimo dovrebbero essere interpretate nel senso che ostano anche esse ad una siffatta normativa che, in tal caso, dovrebbe essere disapplicata.
L'orientamento secondo cui il decreto legge 726/1984, in forza del quale ai fini della determinazione del trattamento di pensione l'anzianità contributiva inerente ai periodi di lavoro a tempo parziale va calcolata proporzionalmente all'orario effettivamente svolto, va inteso, sia per formulazione della disciplina, sia per ragioni di conformità rispetto alla normativa europea, sia anche per ragioni di parità di trattamento proprie già del diritto interno, nel senso che l'ammontare dei contributi versati deve essere riproporzionato sull'intero anno cui i contributi stessi ed il rapporto si riferiscono, non potendosi quindi escludere dal calcolo dell'anzianità contributiva utile per acquisire il diritto alla pensione, nei confronti dei lavoratori con rapporto a tempo parziale verticale ciclico, i periodi non lavorati nell'ambito del programma negoziale lavorativo concordato con il datore di lavoro.
4 gennaio 2019