Il concetto di permanenza dell’invalidità non suppone l’irreversibilità della patologia. Vittoria in Corte di Appello per lo Studio Legale Carozza.
Corte di Appello di Napoli, sentenza 2141 del 2019.
Un lavoratore, assistito dal Patronato INAS CISL CASERTA, proponeva ricorso di appello avverso la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con la quale era stata rigettata la domanda volta al riconoscimento della pensione di inabilità ai sensi della legge 222/1984. La difesa dell’interessato, curata dall'avvocato Domenico Carozza, deduceva l’erroneità della sentenza fondata su una superficiale consulenza tecnica.
La Corte di Appello ha accolto il ricorso.
Il Collegio ha, anzitutto, dato atto della sussistenza del requisito contributivo.
Quanto al requisito sanitario, la legge 222/1984 ha profondamente modificato la disciplina dell’invalidità pensionabile.
La legge 160/1975 stabiliva, infatti, che si considera invalido l’assicurato la cui capacità di guadagno, in occupazioni confacenti alle sue attitudini sia ridotta in modo permanente, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, a meno di un terzo. La nuova normativa, invece, nel prevedere due distinte prestazioni previdenziali, l’assegno temporaneo di invalidità e la pensione di inabilità, dispone, rispettivamente, che si considera invalido, ai fini del conseguimento del diritto all’assegno, l’assicurato la cui capacità di lavoro, pur sempre in occupazioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo permanente a causa di infermità o difetto fisico o mentale a meno di un terzo e che è inabile, ai fini del conseguimento del diritto alla pensione nell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti ed autonomi gestita dall’INPS, l’assicurato o il titolare di assegno di invalidità il quale si trovi nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa.
Tale incapacità lavorativa dev’essere intesa come impossibilità di svolgere qualsiasi lavoro proficuo. La legge 222/1984, se non consente la valutazione dei fattori socio – economici come accadeva, invece, in precedenza in tema di pensione di invalidità, per la quale era consentito il riferimento alla capacità di guadagno, impone tuttavia di continuare a tenere conto dell’età e della formazione professionale del soggetto (come si evince dal richiamo della norma alle attitudini), valutando la possibilità di una continuazione dell’impiego lavorativo l’eventuale carattere usurante di questo, anche con riferimento ad attività diverse (ma tutte confacenti alle attitudini) di quella espletata.
Il concetto di permanenza dell’invalidità non suppone l’irreversibilità della patologia, ma solo l’imprevedibilità di futuri miglioramenti e non certa emendabilità.
La norma fa comprendere come risulti essenziale il riscontro della concreta capacità lavorativa del richiedente. Infatti la sussistenza del requisito sanitario richiesto come elemento costitutivo del diritto non può che essere riscontrato che in relazione alla suddetta capacità lavorativa specifica.
La verifica in ordine alle occupazioni confacenti alle sue attitudini non può essere rimessa ad indagini meramente esplorative.
Nel caso affrontato, l’interessato era artigiano falegname e il consulente tecnico ha tenuto conto della capacità lavorativa specifica dello stesso. La consulenza espletata in grado di appello si è focalizzata sul profilo delle attitudini ed ha concluso per la sussistenza del requisito sanitario occorrente per la concessione dell’assegno temporaneo di invalidità.
26 marzo 2020