I requisiti dell’indennità di accompagnamento sono da considerare più rigorosi della semplice difficoltà di deambulazione o di compimento di atti della vita quotidiana con difficoltà.
Corte di Cassazione, sentenza 8557 del 2018.
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Campobasso di diniego della domanda volta all’accertamento dei requisiti per l’indennità di accompagnamento. La Corte di Appello, rinnovata la consulenza medico legale, ha ritenuto le valutazioni del consulente tecnico non sufficienti a dimostrare l’assoluta impossibilità di deambulare.
Il soggetto invalido ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, in particolare, che i Giudici dell’Appello non avrebbero considerato adeguatamente la grave compromissione della capacità di deambulare, ridotta, come affermato nella relazione peritale, ad una semplice estrinsecazione meccanica e ripetitiva al posto della più complessa funzione neuromotoria tesa alla soddisfazione dei bisogni bio-psico-sociali.
La Corte di Cassazione ha, però, ribadito che i requisiti dell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure dell’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita con la conseguente necessità di assistenza continua, richiesti, alternativamente, ai fini della concessione dell’indennità di accompagnamento ai mutilati ed invalidi civili totalmente inabili, sono requisiti diversi e più rigorosi della semplice difficoltà di deambulazione o di compimento di atti della vita quotidiana con difficoltà. L’impossibilità, anche in ragione della peculiare funzione dell’indennità di accompagnamento, volta a sostenere la famiglia in modo da agevolare la permanenza nel nucleo familiare di soggetti che necessitano continuo controllo, deve essere attuale e non meramente ipotetica, rilevando, quindi, requisiti diversi e più rigorosi della semplice difficoltà di deambulazione o di compimento degli atti della vita quotidiana.
Nel caso in esame, pertanto, la Suprema Corte ha giudicato corretta la sentenza di merito poiché è mancata nella relazione peritale l’indicazione delle azioni del vivere quotidiano precluse al paziente in ragione delle patologie diagnosticate.
10 febbraio 2021