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Errori nella valutazione del reddito dei pensionati: l’INPS deve effettuare ogni anno le verifiche sulla situazione e può esercitare la relativa azione di recupero entro e non oltre l’anno seguente. Vittoria in Tribunale per lo Studio Legale Carozza.

Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sentenza 506 del 2019.

Il titolare di una prestazione pensionistica riceveva dall’INPS un provvedimento con cui si comunicava che gli era stata erogata la somma di euro 6.986,65 in eccedenza rispetto al dovuto per il periodo dal 2008 al 2015.

Il pensionato, assistito dal Patronato INAS CISL di Caserta, veniva affidato alle cure dell’avvocato Domenico Carozza.

Veniva promosso ricorso giudiziario con cui si esponeva che il pensionato era stato destinatario di un richiesta di pagamento di una presunta eccedenza sulla prestazione già pagata negli anni precedenti. Veniva dedotta la insussistenza del presupposto per procedere alla ripetizione delle somme corrisposte non essendo l’errore imputabile al pensionato, si invocava l’applicazione della legge 412/1991 e si chiedeva al Tribunale di dichiarare non dovuta la somma in questione.

L’INPS si costituiva nel giudizio ed evidenziava la sussistenza dell’onere della prova a carico del pensionato. L’Istituto esponeva che l’interessato aveva presentato nel 2014 domanda di ricostruzione per retrodatazione e accredito anno agricolo anno 2007 e che l’indebito si era generato in seguito alla variazione della retribuzione.

Il Tribunale ha accolto il ricorso promosso in favore del pensionato.

Il diritto alla ripetizione degli indebiti pensionistici è stato disciplinato, nel corso del tempo, da disposizioni che, derogando al principio di carattere generale stabilito dall’articolo 2033 del codice civile, hanno individuato i presupposti per la sanatoria delle indebite erogazioni delle prestazioni pensionistiche.

Si tratta di una disciplina speciale e derogatoria, di favore nei confronti di pensionati che, pur percettori di somme non dovute, si presume abbiano destinato tali importi a soddisfare esigenze primarie di vita. Il fenomeno di errori nell'erogazione delle prestazioni non è marginale e comporta, una volta che l'ente erogatore se ne sia accorto, che il pensionato sia chiamato a restituire somme anche ingenti.

La disciplina in materia si è sempre ispirata al principio della emendabilità dei provvedimenti da parte degli enti previdenziali, nell'esercizio del potere di autotutela, ed a quello della ripetibilità nei confronti del pensionato che abbia dolosamente dato luogo all'errore nell'erogazione, ma nel tempo ha variamente modulato i presupposti soggettivi ed oggettivi integranti le fattispecie preclusive della ripetizione, ponendo numerosi problemi interpretativi e dando vita ad un diffuso contenzioso.

Con l'articolo 52 della legge 88/1989, il legislatore ha confermato la disciplina della generale non ripetibilità dei pagamenti previdenziali non dovuti, salvo il caso di dolo dell'assicurato: per le pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che l'indebita percezione sia dovuta a dolo dell'interessato. Il mancato recupero delle somme predette può essere addebitato al funzionario responsabile solo in caso di dolo o colpa grave.

L'ampiezza della deroga all'obbligo di restituzione dell’indebito previdenziale è stata però ridotta dall'articolo 13 della legge 412/1991, che, limita l'ambito di applicazione dell'articolo 52 della legge 88/89 agli indebiti pagamenti successivamente a provvedimenti formali e definitivi comunicati all'interessato e lo esclude nei casi di omessa od incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti incidenti sul diritto e sulla misura della pensione dovuta.

La legge 662/1996 e la legge 448/2001 hanno poi dettato, con effetto retroattivo ed in via transitoria, una disciplina di carattere globalmente sostitutivo di quella prevista dalle disposizioni sopra richiamate, da applicarsi a pagamenti indebiti di prestazioni previdenziali effettuati fino al 31 dicembre 2000.

Per i pagamenti indebiti di pensione effettuati dal gennaio 2001 trova di nuovo applicazione la disciplina di regime di cui all’articolo 13 della legge 412/1991.

Nel caso affrontato, trattandosi di indebito successivo relativo al periodo dal 2008 al 2015, trova, quindi, applicazione la disciplina di cui all’articolo 13 della legge 412/1991.

Quest’ultimo prevede che disposizioni di cui all'articolo 52 della legge 88/1989, si interpretano nel senso che la sanatoria ivi prevista opera in relazione alle somme corrisposte in base a formale, definitivo provvedimento del quale sia data espressa comunicazione all'interessato e che risulti viziato da errore di qualsiasi natura imputabile all'ente erogatore, salvo che l'indebita percezione sia dovuta a dolo dell'interessato. L'omessa od incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione goduta, che non siano già conosciuti dall'ente competente, consente la ripetibilità delle somme indebitamente percepite.

La norma, nel disciplinare gli effetti dell’errore coevo al provvedimento di attribuzione della pensione, dispone che sono irripetibili gli indebiti pagamenti effettuati in base a formale provvedimento definitivo del quale sia data espressa comunicazione al pensionato e che risulti viziato da errore di qualsiasi natura imputabile all’Istituto, salvo che l’indebita erogazione sia dovuta a dolo del pensionato. La legge disciplina, poi, gli effetti dell’errore sopravvenuto, consentendo comunque il recupero nel caso in cui l’indebito pagamento sia stato determinato dall’omessa o incompleta segnalazione da parte dell’interessato di fatti che incidono sul diritto o sulla misura della pensione goduta, che non siano già conosciuti dall’Istituto. L’omessa o incompleta segnalazione da parte dell’interessato di fatti incidenti sul diritto o sulla misura delle prestazione, che non siano già conosciuti dall’Istituto, ai fini della ripetibilità è, dunque, equiparabile al dolo ed esclude l’imputabilità dell’errore all’Istituto medesimo.

Il principio generale della irripetibilità è limitato dalla stessa disposizione secondo cui l'INPS procede annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e provvede, entro l'anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza.

Il principio di irripetibilità deve, pertanto, escludersi in tutti quei casi in cui il diritto o l’entità del trattamento pensionistico siano strettamente dipendenti da un requisito reddituale che deve essere periodicamente verificato. Pertanto, lo stesso non può ritenersi definitivamente accertato in sede di primo riconoscimento del beneficio, dovendo essere ogni anno oggetto di una nuova verifica. Tale previsione non prevede una esclusione in favore del percettore in buona fede. Il recupero dell’indebito, in tale caso, deve, però, essere effettuato entro l’anno successivo, da individuarsi non rispetto al periodo di percezione del trattamento pensionistico, bensì rispetto alla verifica delle situazioni reddituali. Quest’ultima potrà effettuarsi, ovviamente, non nello stesso anno di percezione della prestazione, ma in quello successivo, allorquando diventano disponibili i dati fiscali da presentare all’INPS. Se in conseguenza della verifica annuale della situazione reddituale venga accertato un indebito pensionistico, l'Istituto deve notificare, entro l'anno successivo a tale verifica, la richiesta di restituzione delle somme indebitamente erogate per il periodo al quale si riferisce la verifica reddituale. Qualora l’ente previdenziale non provveda al recupero di tali somme nel termine di un anno, gli importi erogati indebitamente non sono ripetibili.

Nel caso affrontato, non è risultato che il pensionato abbia dichiarato il falso o taciuto una circostanza che era suo onere comunicare all’INPS.

Nella comunicazione dell’INPS di richiesta degli importi non si evince alcun tipo di contestazione in ordine ad una eventuale malafede da parte del pensionato, facendosi nella stessa solo riferimento ad un ricalcolo della pensione in misura inferiore a quella corrisposta.

L’INPS nulla ha allegato e provato in merito alla eventuale erroneità delle comunicazioni reddituali effettuate dall’interessato o in relazione a ritardi o omissioni imputabili al pensionato.

In mancanza, dunque, di qualsivoglia prova in ordine ad eventuale erroneità dei dati comunicati all’INPS o alla impossibilità di effettuare le verifiche annuali in seguito a mancata trasmissione dei dati reddituali, l’indebito è collegato ad autonoma revisione dell’INPS, scaturita dalla elaborazione di dati in possesso dell’ente, ed in ogni caso ad un errore a quest’ultimo imputabile, per incompleto allineamento procedurale dei dati retributivi pensionabili.

Il Tribunale ha, pertanto, accolto il ricorso promosso e dichiarata non dovuta dal pensionato la somma di euro 6.986,65 richiesta dall’INPS.

14 marzo 2019

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