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E’ sanzionabile l'utilizzo di permessi sindacali per altri fini.

Corte di Cassazione, sentenza 4943 del 2019.

Un lavoratore proponeva reclamo avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Treviso, con cui venne respinta la sua domanda diretta all'accertamento dell'illegittimità del licenziamento disciplinare intimatogli dalla società per avere, nel corso di quattro giornate di assenza per permessi sindacali, svolto attività ricreative ed avulse dalle finalità sindacali dei permessi accordati, ed in particolare la partecipazione alle riunioni degli organismi sindacali per i quali i permessi erano stati richiesti.

La Corte di Appello, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava, invece, l'illegittimità del licenziamento e condannava la società alla reintegra del lavoratore nel suo posto di lavoro.

Della controversia veniva investita la Corte di Cassazione.

La Suprema Corte ha ritenuto che la Corte di Appello ha erroneamente equiparato i permessi richiesti ai sensi dell’articolo 23 con quelli richiesti ai sensi dell’articolo 30 sempre della legge 300/1970.

L’articolo 23 stabilisce che i dirigenti delle r.s.a. (ed anche delle r.s.u.) hanno diritto, per l'espletamento del loro mandato, a permessi retribuiti.

L’articolo 30 stabilisce che i componenti degli organi direttivi, provinciali e nazionali, delle associazioni (sindacali) hanno diritto a permessi retribuiti, secondo le norme dei contratti di lavoro, per la partecipazione alle riunioni degli organi suddetti.

Le attività in genere necessarie per l'espletamento del mandato sindacale non sono controllabili, ma comunque censurabili specie laddove si accerti che il permesso (anche quello accordate alle r.s.a.) venga utilizzato per fini personali.

La partecipazione alle riunioni degli organi direttivi può essere, invece, controllabile e l’accertata mancata partecipazione può essere sanzionata.

I permessi sindacali retribuiti previsti dall'articolo 30 dello Statuto dei Lavoratori per i dirigenti provinciali e nazionali delle organizzazioni sindacali possono essere utilizzati soltanto per la partecipazione a riunioni degli organi direttivi, come risulta dal raffronto con la disciplina dei permessi per i dirigenti interni, collegati genericamente all'esigenza di espletamento del loro mandato, e come è confermato dalla possibilità per i dirigenti esterni di fruire dell'aspettativa sindacale.

L'utilizzo per finalità diverse dei permessi (nella specie, preparazione delle riunioni e attuazione delle decisioni) giustifica la cessazione dell'obbligo retributivo da parte del datore di lavoro, che è abilitato ad accertare l'effettiva sussistenza dei presupposti del diritto. L'indebita utilizzazione dei permessi non si traduce in un inadempimento ma rivela l'inesistenza di uno degli elementi costitutivi del diritto; ne consegue che, in caso di contestazione, qualora il lavoratore, su cui grava il relativo onere, non fornisca la prova dell'esistenza del diritto, trovano applicazione le regole ordinarie del rapporto di lavoro e l'assenza del dipendente è ritenuta mancanza della prestazione per causa a lui imputabile.

Nel caso affrontato, è risultato, dagli accertamenti svolti dalla datrice di lavoro contestati al lavoratore e da questi solo genericamente confutati, che egli durante i permessi retribuiti si dedicò ad attività ricreative o personali del tutto avulse dai permessi ottenuti e comunque non partecipò alle riunioni degli organi direttivi dell'organizzazione sindacale per cui ottenne taluni dei permessi in questione.

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso della società datrice di lavoro, ha ritenuto errata la valutazione della Corte di Appello secondo cui l'eventuale condotta abusiva del lavoratore non avrebbe potuto avere alcuna sanzionatoria sul rapporto.

11 aprile 2019

 

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