Divieto di retribuzione in contanti dal 1° luglio 2018 e contestazione delle violazioni.
Ispettorato Nazionale del Lavoro, nota 4538 del 2018.
La legge di bilancio per il 2018 ha stabilito che da luglio 2018 i datori di lavoro o committenti debbano corrispondere ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso gli strumenti di pagamento individuati dalla stessa norma, non essendo più consentito, da tale data, effettuare pagamenti in contanti della retribuzione e di suoi acconti, pena l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 5.000 euro.
Tale obbligo ai applica ai rapporti di lavoro subordinato di cui all’articolo 2094 del codice civile, indipendentemente dalla durata e dalle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa ed infine ai contratti di lavoro stipulati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci.
Restano espressamente esclusi dal predetto obbligo i rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni, nonché i rapporti di lavoro domestico.
Devono ritenersi esclusi, in quanto non richiamati espressamente, i compensi derivanti da borse di studio, tirocini, rapporti autonomi di natura occasionale.
Le modalità attraverso le quali effettuare la corresponsione della retribuzione sono costituite dai seguenti strumenti:
- bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
- strumenti di pagamento elettronico;
- pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
- emissione di assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.
La violazione in oggetto risulti integrata:
a) quando la corresponsione delle somme avvenga con modalità diverse da quelle indicate dal legislatore;
b) nel caso in cui, nonostante l’utilizzo dei predetti sistemi di pagamento, il versamento delle somme dovute non sia realmente effettuato, ad esempio, nel caso in cui il bonifico bancario in favore del lavoratore venga successivamente revocato ovvero l’assegno emesso venga annullato prima dell’incasso; circostanze che evidenziano uno scopo elusivo del datore di lavoro che mina la stessa ratio della disposizione.
La finalità antielusiva della norma risulta avvalorata anche dalla previsione secondo cui la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione.
Ai fini della contestazione, si ritiene necessario verificare non soltanto che il datore di lavoro abbia disposto il pagamento utilizzando gli strumenti previsti dalla legge ma che lo stesso sia andato a buon fine.
Con riferimento alla contestazione dell’illecito al trasgressore, trovano applicazione, le disposizioni di cui legge 689/1981 e al d.lgs. 124/2004 ad eccezione del potere di diffida di cui all’articolo 13 d.lgs. 124/2004 trattandosi di illecito non materialmente sanabile. La sanzione sarà determinata nella misura ridotta di cui all’articolo 16 della legge 689/1981 e, in caso di mancato versamento delle somme, l’autorità competente a ricevere il rapporto, ai sensi dell’articolo 17 della legge 689/1981, è da individuare nell’Ispettorato territoriale del lavoro.
Avverso il verbale di contestazione e notificazione adottato dagli organi di vigilanza è possibile presentare ricorso amministrativo al direttore della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale entro trenta giorni dalla sua notifica. Entro il medesimo termine è possibile presentare scritti difensivi all’Autorità che riceve il rapporto ai sensi delle legge 689/1981.
18 giugno 2018